lunedì 7 aprile 2008
Il potere della parola
Lo stereotipo che vuole gli arabi incapaci a fare informazione è duro a morire. Ho fatto di recente una ricerca sulla stampa araba dal 1832 al 1926, e ho scoperto cose straordinarie. Nel 1876, in Italia, c'erano ben quattro quotidiani in lingua araba: a Napoli, a Bologna e a Livorno. Ora c'è la televisione, ma il pregiudizio di cui parlavo è ancora forte. Si pensa che "per natura" gli arabi siano bugiardi, retorici e inclini ad esagerare. La vera differenza culturale tra i paesi occidentali e quelli arabi, quella essenziale, è che la cultura occidentale è basata certo sulla scrittura, ma più ancora è basata sull'arte, sulle immagini, la pittura, la scultura. Dipende dal fatto che la natura è più bella e varia, che ci sono la neve, i fiumi e tante altre cose che ispirano il genio. La cultura araba, invece, ha solo il deserto. Tutto lì è aperto e deserto. Gli arabi sono obbligati a guardare nello spazio, notte e giorno. Non hanno avuto il pennello o lo scalpello, hanno avuto la parola. Di notte, nel deserto, si parlava e si faceva poesia. I dieci poemi più famosi della cultura araba preislamica sono stati scritti con inchiostro d'oro e appesi alla Ka'aba della Mecca. Poi è venuto l'Islam: la "sura" più antica del Corano dice: "Leggi!, nel nome del Dio che ti ha creato. Colui che ha insegnato all'uomo con la penna". Ecco, la scrittura e la lettura, la lingua e la parola. La novità è che adesso la parola araba può arrivare ovunque. In questa guerra, la verità sarà vista da due angolazioni diverse. L'altra novità è che ora c'è una professionalità araba basata anche sulla tecnologia. La mediazione tra i fatti e gli spettatori è araba.
(Samir al Qarayouti, da http://www.isfreedom.org/)
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