martedì 29 aprile 2008

Alla faccia della solidarietà!

Sondaggio immigrazione: islamici, "italiani ci vedono come terroristi"

ROMA - Gli immigrati musulmani pensano che gli italiani li vedano tutti come terroristi, ma sono gli altri immigrati a temere di piu' il pericolo terrorismo da quelli di fede islamica. E' quanto emerge da una ricerca demoscopica condotta dalla Makno per il ministero dell'Interno. Quattro islamici su dieci (il 39,6%) ritengono di essere visti dagli italiani come terroristi e per questo di essere trattati peggio degli altri. Invece il 55,3% degli italiani ha riconosciuto di considerare l'immigrazione musulmana piu' problematica ma solo il 17,2% la mette in relazione al terrorismo. Sono invece gli altri immigrati a "temere" di piu' i musulmani da quel punto di vista: il 42,4% degli stranieri non islamici residenti nel nostro Paese ritiene l'immigrazione musulmana legata al pericolo di attentati da parte di cellule integraliste e il 49,5% di loro dice no alle moschee. Gli italiani contrari alle moschee invece sono solo il 31,4%. (Agr)

(da Corriere.it)

sabato 26 aprile 2008

Lo stupro della ragione

Due violenze carnali in un giorno, e i «grandi» giornali ci fanno i titoli di prima pagina: ovvio, i «grandi» media hanno interpretato il voto, soprattutto alla Lega, come una richiesta di «sicurezza», e partecipano - come sempre - alla nuova aria che tira. I politici ci fanno la politica, sugli stupri.Alemanno conta di vincere il ballottaggio contro Rutelli grazie alla ragazza accoltellata a Roma, i leghisti la menano sul clandestino violentatore e sono molto rispettosamente ascoltati dai grandi giornali. Del resto anche Fassino dà la linea: «Subito il dialogo col Carroccio».Un super-sindacalista FIOM chiama la Lega: gli ultimi comunisti. Inteso, per lui, come elogio.La sinistra - perdente - osserva, come sempre, che «ben altro è il discorso»: la «legalità» deve colpire i falsi in bilancio (sottinteso: Previti, Dell’Utri, Berlusconi), non solo i rom.Il ministro dell’Interno ancora in carica, Amato, nota che gli stupri sono diminuiti del 12%, che non c’è nessuna emergenza-sicurezza. Grazie a Prodi.Sono diminuite le «denunce» per violenza, non le violenze. E anche quelle denunciate, dite voi se vi sembran poche: 13 al giorno. Su dieci, 4 sono compiute da extranei o extracomunitari, sei da italiani, spesso parenti stretti della violentata.Accuratamente taciuto - è naturale - uno dei motivi primari dello stupro diffuso: la diffusione capillare e la accessibilità della pornografia. Internet, telefonini, DVD, genitori «tolleranti» e aperti hanno messo la pornografia alla portata dei dodicenni. Sento, distrattamente da un TG, che una tredicenne è violentata in gruppo dai compagnuzzi di scuola, ripresa coi telefonini, e i ragazzi sono a piede libero perchè, secondo il magistrato, «lei era consenziente».Mi piacerebbe sapere se un giorno questo Paese sarà disposto a inserire i pre-adolescenti nelle «fasce deboli». I ragazzini sono deboli in maturità, in educazione, in personalità, in influenzabilità. La loro stupidità stessa va protetta.L’accesso incontrastato alla pornografia è direttamente responsabile dell’immagine degradata che questi hanno della donna: facile, oggetto, oggetto-merce. La donna è spregevole, assatanata, vogliosa, nei videoporno. Perchè non quella che si «lascia andare» in discoteca, che «si mette in mostra» alla fermata del tram, che «la dà» al suo amichetto? Se «la dà già», perchè resiste a darla a dieci compagni?Per gente ammorbata dalla pornografia, la donna è carne. Non ha diritti. Se resiste, una coltellata.Fascia debole è anche l’emigrato: per lo più giovane maschio, proveniente da Paesi di forte ritegno («repressione», la chiamano) sessuale, ridotto alla miseria sessuale solitaria (magari lontano dalla moglie per mesi e anni), circondato da pornografia accessibile e dall’atmosfera «porno-soft» (così la chiamano) che emana da ogni cartellone pubblicitario, da ogni spettacolino TV: offerte di bocche semiaperte, di scollature abissali, bellezze («sexy», le chiamano) incredibilmente provocanti introvabili nella vita reale, che si espongono, si «offrono» per vendere un pannolino, un dopobarba, un orologio, o per presentare una lotteria scema con «ricchi premi».Che cosa deve pensare l’immigrato delle ragazze «libere» che si vede attorno?La «sinistra» che «difende» gli immigrati, da questo veleno non li difende. E’ ovvio: la «sinistra» ha dato alla pornografia uno status istituzionale, la volta scorsa ha mandato in parlamento il maturo Vladimir Luxuria, professionale di quel mondo.In ciò, in piena consonanza con la borghesia «liberale» e illuminata: che a difesa del porno parla di «libertà di opinione», di stampa e del pensiero.Mi piacerebbe capire in che cosa la ripresa video di coiti plurimi è espressione di un «pensiero», o almeno di una «opinione». E questo, in un Paese che condanna decine di opinioni e pensieri minoritari, e in qualunque modo non-conformisti.Un professore di Torino, Renato Pallavidini, è stato messo sotto inchiesta per aver risposto - a domanda di una sua studentessa - che secondo lui Israele strumentalizza l’olocausto per coprire le sue atrocità contro i palestinesi.Un presidente di Cassazione di Palermo, Giuseppe Prinzivalli, si vide arrivare un avviso di garanzia con tanto di perquisizione domiciliare «per aver negato in una sentenza il carattere verticistico di Cosa Nostra»; con ciò, secondo i procuratori che lo incriminarono, «aiutando a dissimularne la struttura». Quindi: concorso esterno in associazione mafiosa (come Contrada).Come nota Mauro Mellini, avvocato radicale, (1) da cui traggo i suddetti esempi, il codice fascista stesso non perseguiva le opinioni antifasciste in sè - cosa possibile solo a una psicopolizia capace di penetrare nei cervelli e di spiare tutte le conversaizioni - ma la loro «propaganda», la loro «espressione collettiva e organizzata» volta a creare un «movimento».Invece, l’Italia democratica - come si vede - colpisce le opinioni in sè, il pensiero: il giudice di Palermo è colpito per aver espresso l’opinione motivata che, secondo lui cosa Nostra non è una organizzazione gerarchica e monolitica.Invece, la pornografia è un «pensiero» ammesso e depenalizzato.La legge Mancino colpisce (tre anni di galera) chi «diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale ed etnico». Notate le parole: «in qualsiasi modo». Non solo con una scritta sui muri, ma in una lezione universitaria (com’è il caso di Claudio Moffa che invitò Faurisson).Colpisce specificamente, nominandole, le «idee», non «atti» di discriminazione. Colpisce tali idee indipendentemente dal pericolo sociale che possono rappresentare, anche se non ne rappresentano nessuno.Poi, s’intende, la legge di censura è selettiva: Oriana Fallaci, Magdi Allam possono ingiuriare l’Islam e i musulmani come «inferiori», e vengono applauditi. La Fallaci e la Nirenstein possono esprimere l’odio razziale come e quando vogliono, e non come argomento razionale, bensì «incitante» ad azioni poliziesche di odio razziale, espulsioni, censure, controllo delle moschee.La pornografia non potrebbe entrare nella Legge Mancino? Dopotutto, incita ad una «idea» degradante della donna, che incita al suo spregio e al suo uso ed abuso. Ma no. Anzi, Luxuria in Parlamento.Anche questo mi sembra - insieme - stupro e pornografia. Con il sospetto che le leggi fasciste forse difendevano meglio le idee, e meno la pornografia (che era clandestina, difficilmente accessibile).

Maurizio Blondet

(da www.effedieffe.com)

Dubbi amletici

(dal Corriere del 26/04/07)

mercoledì 16 aprile 2008

Il caso di Ekhlas

Proprio ieri, leggendo i commenti ad un articolo di Sherif es-Sabaie, mi sono imbattuta nell'ennesimo caso di disinformazione attuata dai giornalisti italiani a danno di persone ignare.
Un utente di nome Youssef riferiva di un sito che era stato segnalato quale "terrorista"dal Messaggero. Ecco cosa diceva l'articolo in questione:

“ROMA (14 aprile) - Al-Qaeda apre un sito in lingua italiana. I suoi proseliti via Web stanno dedicando uno dei loro forum nella nostra lingua, ed è uno dei forum qaedisti più noti e frequentati, “Ekhlas”. Finora interamente in lingua araba, il forum è stato scelto dagli internauti dopo la chiusura da parte della polizia postale, il 22 febbraio scorso, del blog dell’Imam di Carmagnola, Abdul Qadir Fadlallah Mamour, e della moglie Barbara Farina.”

Il suddetto utente riportava anche il link che compariva nell'articolo, ossia
http://ekhlas.wordpress.com/blog/ . Mi sono recata su questo blog spinta dalla curiosità ed ho trovato che il gestore era del tutto incredulo e nel suo post sull'accaduto riusciva solo a scrivere "...I was shocked, dismayed, and appauled at the fact that ekhlas.wordpress.com/blog was a link provided in the article entitled: “Terrorismo, Al Qaeda apre un sito in italiano” which translates to “Terrorism, Al Qaeda opens a site in Italian”!! e si rivolgeva a tutti coloro che potessero metterlo in contatto con la redazione del Messaggero (ignorando forse che la notizia era ormai stat diffusa da quasi TUTTI gli organi di stampa) minacciando giustamente querele nel caso non gli giungano scuse ufficiali sia per email che sui portali delle testate in questione.

La cosa più spaventosa in tutta questa vicenda, oltre ovviamente alle accuse rivolte ad una persona estranea ai fatti, è quanto la stampa italiana sia diventata inattendibile e si basi sempre di più sul copia-incolla senza minimamente vagliare le fonti delle notizie...inoltre il blog a cui sono state rivolte le ilazioni è INTERAMENTE in inglese!!! L'accaduto infatti è da imputare alla sfortunata coincidenza che il sito segnalato è il primo che compare su google cercando "ekhlas" ed evidentemente i giornalisti non si sono presi la briga di cercare il vero forum arabo(http://www.al-ekhlaas.net/forum/), che nn è in realtà molto in vista sui motori di ricerca per ragioni intuibili ed infatti io, benchè lo abbia trovato ieri in un dedalo di siti per verificare la notizia, nn sono stata più in grado di rintracciarlo ed ho dovuto scrivere in arabo nella casella di google, cosa che ovviamente non tutti i compilatori(non si possono definire giornalisti) potrebbero fare. Ho preferito non entrare però nella sezione italiana del forum, sia perchè ciò richiedeva la registrazione sia perchè non condivido la loro visione dell'Islam e del Jihad, che per me è soprattutto esercizio dello spirito, ed in ogni caso non può mai essere propugnata come pretesto per giustificare la violenza contro innocenti .

Auspichiamo la risoluzione del caso nel più breve tempo possibile, e ci scusiamo col gestore del blog innocente da parte di tutti gli italiani di buon senso.

martedì 15 aprile 2008

Dejà vu!

(da Il Corriere della Sera, 10/07/01)

Senza parole....

Alla domanda su cosa il prossimo governo intenda fare sulla sicurezza, il Cavaliere ha annunciato: "Chiuderemo le frontiere", e ha aggiunto che bisognerà potenziare i centri di permanenza per gli immigrati e aumentare poliziotti e carabinieri di quartiere. "Agenti di prossimità", li ha definiti Berlusconi, chiamandoli "l'esercito del bene che fronteggerà nelle strade l'esercito del male".

Sono una veggente?!

lunedì 14 aprile 2008

Più veloce della luce!!

E non appena la destra xenofoba vince le elezioni, ecco subito la creazione dei fantomativi nemici...ma che velocità, la partita nn è neppure cominciata!

Ecco il primo:

PARLAMENTARE HAMAS IN TV, "L'ISLAM CONQUISTERA' ROMA"
Un parlamentare e religioso di Hamas, Yunis al Astal, ha detto ai fedeli che Roma, "la capitale dei cattolici o dei crociati" sara' presto conquistata dall'Islam. Stando al sito di Memri, istituto di monitoraggio per il Medio Oriente, il sermone e' stato trasmesso l'11 aprile da Al Aqsa, la tv del movimento estremista palestinese che controlla la Striscia di Gaza. "Molto presto, se Allah vorra', Roma sara' conquistata, proprio come Costantinopoli lo fu e come il nostro profeta Maometto ha profetizzato", afferma al Astal.
(da Repubblica.it)

ed oggi:

Strali via web contro il leader del Pdl: «Andrà in visita in Israele»

«Allah maledica Berlusconi e il Papa»

La rabbia di Al Qaeda per la vittoria del centrodestra alle elezioni politiche italiane
DUBAI - «Che Allah lo maledica e scateni la sua rabbia contro di lui e contro il Papa cattivo». È questo il primo commento diffuso oggi su uno dei forum islamici in Internet che veicolano la propaganda di al-Qaeda a proposito della vittoria alle elezioni politiche in Italia ottenuta dalla coalizione guidata da Silvio Berlusconi.

NOTIZIA URGENTE - A inserire queste invettive pochi minuti fa su uno dei principali siti jihadisti, «al-Hesbah», è stato un internauta che si firma al-Wahabi. Quest'ultimo interviene per commentare la notizia della vittoria del Pdl alle elezioni italiane data dal sito islamico e accompagnata da un banner con una scritta in arabo che recita «notizia urgente». Sotto questo banner si annuncia infatti che «Berlusconi vince le elezioni generali italiane e diventa premier per la terza volta».

IL «CECCHINO» DEL WEB - A dare la notizia a tutti i seguaci di Osama Bin Laden è stata un assiduo frequentatore dei siti di al-Qaeda che si fa chiamare Qannas al-Jazira, in arabo «Cecchino della penisola araba». Il frequentatore del forum sembra essere particolarmente attento a tutto ciò che accade nel nostro Paese perché già in passato è intervenuto su vicende che hanno riguardato l'Italia. Il post si chiude con un terzo messaggio di commento inserito da Fursan al-Fajr, che scrive: «Alcuni giorni fa Berlusconi aveva detto che in caso di vittoria sarebbe andato in visita in Israele»
15 aprile 2008


e ora che succederà??? ci vuole tanto a capire che conquistare Roma è un modo SIMBOLICO di auspicare l'espansione del monoteismo urbis et orbis,pronunciato tra l'altro da un politico e nn da un capo religioso?? Ed inoltre, anche se su qlk blog di jihadisti sia apparso il secondo commento (ma come mai nn c danno mai i link??) è solo una opinione...se andassero su tanti blog italiani, altro che maledizioni ci troverebbero...perchè se lo dice un musulmano, per giunta lontano miglia dall'Italia, deve suonare come una minaccia?Quanta gente innocente verrà arrestata senza capi d'accusa prima che l'ovvia verità salti fuori?? Staremo a vedere!

Grazie Italia!


Tutti coloro che hanno votato con ampio margine la Lega devono ritenersi responsabili in prima persona di ogni atto che lederà la sicurezza dei cittadini musulmani (italiani e non). Questo tipo di cose è sicuramente suscettibile di verificarsi visto che le tendenze xenofobe di molta parte della società italiana si trovano ora istituzionalizzate. Veramente la storia si ripete e non insegna nulla: dalla DC alla Lega! altro che Rialzati Italia! piuttosto stattene comoda a crogiolarti nella tua mediocrità!

Sulle origini della violenza terrorista

Recentemente il Pentagono ha formulato le accuse nei confronti di 6 prigionieri di Guantanamo sospettati di essere direttamente coinvolti negli attacchi dell’11 settembre. Ciò significa che ad attenderli c’è la pena di morte.
Fin qui non vi è nulla di nuovo, malgrado le aspre critiche rivolte contro i tribunali militari di Guantanamo che hanno formulato le accuse. Essi rappresentano i primi tribunali americani per crimini di guerra dai tempi della seconda guerra mondiale, ed operano in base ad una legge approvata dal Congresso nel 2006, dopo che la Suprema Corte americana li aveva abrogati nella loro forma iniziale.
A destare stupore è invece ciò che è emerso dalle motivazioni dell’accusa, dalle dichiarazioni di alcuni responsabili americani a margine di questo evento, e dalla copertura che di esso hanno dato i mezzi di informazione. Tutte queste reazioni hanno messo in evidenza che la visione americana del fenomeno terroristico internazionale – imprescindibilmente legato, secondo Washington, al “revival islamico” – non è cambiata, malgrado i difetti e le lacune che questa visione unilaterale ha dimostrato nella realtà dei fatti.
Dopo la svolta rappresentata dall’11 settembre, tre diverse versioni dell’interpretazione – occidentale in generale, ed americana in particolare – dell’ascesa del “fenomeno islamico” in Medio Oriente hanno reciprocamente lottato per affermarsi. Queste tre versioni, ciascuna caratterizzata da numerose lacune, riguardavano essenzialmente l’aspetto internazionale del fenomeno islamico, e delle sue manifestazioni distribuite più o meno su tutti e cinque i continenti sotto forma di una sfida alla più grande potenza economica e militare del mondo: gli Stati Uniti. Tale sfida era lanciata a più livelli, che si estendevano dal piano dei valori a quello delle politiche, e dal comportamento quotidiano alle strategie di lungo periodo.
La prima di queste tre versioni interpretative guardava al fenomeno terroristico di matrice islamica come ad una reazione alle esplicite politiche di Washington a sostegno di Israele – politiche che allo stesso tempo continuavano ad erodere i diritti degli arabi, se non addirittura ad umiliarli. Noam Chomsky era alla testa di coloro che avevano abbracciato questa visione.
La seconda versione parlava del “revival islamico” come del nocciolo di uno “scontro di civiltà” fra musulmani e Occidente. Samuel Huntington guidava coloro che seguivano questo orientamento, le cui “quotazioni” crebbero enormemente dopo gli attacchi terroristici di New York e Washington. Tale orientamento si fondava largamente sulla teoria dei due avversari irriducibili, gli Stati Uniti ed al-Qaeda, i quali dopo l’11 settembre sembravano corrispondersi perfettamente, nel momento in cui Bush parlava di “crociata” e Osama bin Laden ripeteva il suo discorso abituale sulla “guerra ai crociati”.
La terza versione considerava il “revival islamico” come una reazione culturale e psicologica – collegata ad ambienti politici, sociali, ed economici molto ampi – alla “modernità”, di cui l’Occidente era portatore e con cui aveva scosso gli ultimi residui del passato, in Medio Oriente e non solo. Paul Berman difese questa interpretazione delle presunte ragioni alla base del livello di tensione raggiunto fra l’ala violenta del “risveglio islamico” da un lato, e l’Occidente – ed in particolare gli Stati Uniti – dall’altro.
Queste interpretazioni erano state costruite essenzialmente sulla base dell’analisi dei discorsi dei leader di al-Qaeda prima e dopo l’11 settembre, e, pur dando spazio ad ipotesi stravaganti, facevano ogni sforzo per cercare di spiegare le cause dell’ascesa del fenomeno islamico, nei suoi due aspetti moderato e estremistico. Tali interpretazioni, tuttavia, non sono riuscite ad offrire delle risposte complessive e soddisfacenti a questo proposito.
In realtà, lo “shock della modernità”, lo “scontro di civiltà”, e la “vendetta contro gli Stati Uniti” non sono sufficienti a spiegare le reali motivazioni che hanno spinto Osama bin Laden, Ayman al-Zawahiri, ed i loro seguaci ad incamminarsi sulla strada dello scontro con gli Stati Uniti.
Per quanto riguarda bin Laden, in particolare, questa terna di condizioni esisteva già quando egli era apparentemente un alleato degli Stati Uniti ai tempi del “jihad” contro l’Unione Sovietica in Afghanistan. Al-Zawahiri, dal canto suo, rimase impegnato per decenni a combattere il “nemico vicino”, ovvero il regime al potere in Egitto, e la sua posizione riguardo agli Stati Uniti non andava al di là di un forte risentimento psicologico derivante dall’aperto sostegno dato da Washington ad Israele da un lato, ed al regime egiziano dall’altro.
Senza dubbio, le politiche americane nettamente favorevoli ad Israele, ed ingiuste nei confronti degli arabi, hanno alimentato sentimenti di rancore in molti gruppi islamici di orientamento radicale o conservatore, ed hanno contribuito, insieme all’oppressione ed alla tirannia dei regimi arabi al potere, a spingere alcune fazioni del movimento islamico verso l’adozione della violenza, e poi verso la sua esportazione “all’estero” anche per quanto riguarda la definizione degli obiettivi, o – per essere più precisi – l’individuazione del “nemico”.
Ma vi è anche chi ha parlato di alcune caratteristiche strutturali che avrebbero spinto il settore più ampio del movimento islamico – soprattutto quello che assunse una dimensione internazionale – a proporsi come “alternativa strategica” ai poteri dominanti, sia a livello di ciascun paese arabo-islamico, sia a livello internazionale in qualità di forza mondiale alternativa e contrapposta.
L’Islam è infatti una “religione mondiale”, ed il suo testo fondante – il Corano – stabilisce dei concetti di natura “sovranazionale”, che vanno al di là dei confini rappresentati dal colore della pelle, dal sesso, dalla lingua, dal tempo e dallo spazio, facendo sì che l’unico criterio di distinzione fra gli uomini sia la “devozione a Dio”. L’Islam esorta alla “predicazione” – ovvero all’annuncio ed alla diffusione della religione islamica – ed al “jihad”, ovvero a resistere a qualsiasi aggressione rivolta contro i musulmani ovunque si trovino ed a proteggere le frontiere degli stati islamici.
Tale caratteristica strutturale ha determinato, nelle circostanze attualmente esistenti a livello mondiale, le condizioni che hanno spinto al-Qaeda a combattere il “nemico lontano”, ovvero gli Stati Uniti. Tale caratteristica, tuttavia, non produce di per sé – come invece ritengono alcuni ricercatori ed alcuni politici in Occidente – una violenza spontanea o organizzata.
Questa stessa caratteristica è infatti radicata nelle menti e nei cuori di tutti i musulmani, ma la stragrande maggioranza di essi non ha seguito la strada di al-Qaeda e dei gruppi estremisti che hanno fatto dell’Islam il loro slogan politico. Dunque, le tesi dello “scontro di civiltà”, che equivalgono ad identificare l’intero mondo islamico, senza alcun fondamento o giustificazione, come il “nemico”, non offriranno una soluzione efficace al problema del terrorismo, e non garantiranno la sicurezza degli Stati Uniti, né permetteranno a Washington di convincere il mondo che gli Stati Uniti sono il “timoniere della globalizzazione”.
La soluzione efficace consiste invece in un insieme di provvedimenti integrati, il primo dei quali deve essere la rinuncia degli Stati Uniti ad appoggiare l’aggressione israeliana al popolo palestinese, ed un impegno serio a dare soluzione all’annosa questione che riguarda questo popolo. Il secondo passo deve consistere nella rinuncia di Washington a sostenere regimi di governo non democratici nel mondo arabo, permettendo così un cambiamento politico ed un rinnovamento sociale dall’interno, che ponga fine all’impasse causata da questi regimi. Tale impasse ha suscitato, fra l’altro, un odio crescente nei confronti degli Stati Uniti, i quali sono stati considerati, nella letteratura delle avanguardie del movimento islamico, come i sostenitori e gli alleati di quei governi che reprimevano e schiacciavano tale movimento – una visione, questa, che è tuttora predominante.
Da ciò segue la necessità di aprire la strada ad un coinvolgimento e ad un’inclusione del movimento islamico, e non al suo allontanamento ed alla sua condanna, come invece accade ora. E’ questa la condizione per far sì che esso rinunci del tutto alla violenza, sia sul fronte interno che all’estero, e che riconosca e accetti le regole di un governo di carattere civile, fondato sull’alternanza al potere e sul rispetto della libertà di espressione.
Il terzo passo da compiere è quello di “approfondire la conoscenza della religione islamica”, invece di emarginarla o di combatterla – scelta, quest’ultima, che significherebbe andare incontro ad una furiosa resistenza. L’approfondimento di questa conoscenza deve essere affidato a religiosi e giurisperiti musulmani moderati che godano del sostegno della gente, e che siano all’altezza delle sfide del nostro tempo, e non da figure imposte dall’estero con la richiesta implicita di modificare i metodi dell’insegnamento religioso.

Ammar Ali Hassan direttore del Centro di Studi e Ricerche sul Medio Oriente, con sede al Cairo
Titolo originale:
التفسير الأميركي الضيق لظاهرة الإره

Uno sguardo al passato...

ISLAM
La civiltà occidentale? Non sarebbe esistita senza l'Islam

Filosofia, matematica, medicina, astronomia... mentre l'Europa si dibatteva nell'oscurantismo la cultura araba fioriva in libertà
E' l'alba di un giorno scuro e piovoso. Un ragazzo si nasconde fra la folla per assistere alla tortura e all'esecuzione del suo maestro, la cui unica colpa è stata quella di avere diffuso le conoscenze sacrileghe e blasfeme degli antichi filosofi greci. Sul rogo, insieme al filosofo, bruciano infatti le traduzioni proibite in un'Europa dominata dalla superstizione e dalla violenza dei signori della guerra che regnano incontrastati. Dopo avere assistito all'atroce spettacolo il ragazzo scappa verso Sud portando con sé alcune opere del maestro, deciso ad abbandonare quelle terre di oppressione e di oscurantismo. Quando finalmente riesce a valicare i Pirenei gli si apre davanti una terra ricca e pacifica, dove le donne discutono alla pari con gli uomini e dove i libri, invece di essere distrutti, vengono conservati nelle biblioteche pubbliche.

Averroè
E' l'inizio de Il destino, un film di qualche anno fa ambientato nei secoli più bui del Medioevo che il regista egiziano Youssef Chahine ha dedicato alla vita di uno dei più importanti filosofi della storia, Averroè, il cui razionalismo influenzò fortemente gli intellettuali occidentali dell'epoca. Dante, fra gli altri, si considerava un "averroista" convinto e l'intero pensiero islamico era una vera e propria boccata di ossigeno fra i cristiani illuminati che mal sopportavano la soffocante cappa di censura e superstizione che era, all'epoca, la caratteristica principale della cristianità. I libri di Averroè venivano contrabbandati, le sue dottrine trasmesse e le sue parole imparate a memoria per non incorrere nelle ire dell'Inquisizione. Spostando il punto di vista come ha fatto il regista, e riportando alla luce la storia rimossa di quei secoli oscuri, si capisce che la religione ha ben poco a che fare con i fondamentalismi di ogni epoca e di ogni latitudine.
Lo spiazzamento del pubblico occidentale nei confronti di un film girato per denunciare il fondamentalismo islamico attuale, non stupisce. Ci hanno insegnato che i secoli che separano la caduta dell'impero romano dal rinascimento sono stati anni di paura e barbarie, ma non ci è stato spiegato che ne siamo usciti unicamente perché siamo venuti in contatto con la civiltà più ricca e più evoluta dell'epoca, appunto l'Islam. Pochi occidentali sanno che, mentre l'Europa veniva spopolata dalle malattie e dalla fame, a Sud fioriva una civiltà che aveva come capitali Baghdad e Damasco, una civiltà cui noi occidentali dobbiamo la salvezza del patrimonio che consideriamo fondativo per la nostra cultura: la filosofia greca. Se gli studiosi dell'epoca di Solimano e del Saladino non avessero fatto propria la grande filosofia antica non avremmo né Platone né Aristotele perché la raffinata rete dei traduttori arabi, attraverso i quali ci sono pervenute le loro opere, non sarebbe esistita. Né, del resto, sarebbe potuta nascere la scienza moderna senza la libertà di studiare e sperimentare concessa ai matematici e agli scienziati arabi, il cui contributo è stato completamente cancellato per fare posto alla propaganda dello scontro fra civiltà.

Nell'ottica di Allah
Beltegeuse, Rigel, Aldebaran, Algol e Sirrah. Le stelle parlano arabo da secoli, da quando scienza, civiltà e tecnologia se ne stavano al di là del Mediterraneo, e i barbari sporchi, ignoranti e poveri che calavano per razziare le ricche città o per emanciparsi attraverso lo studio nelle rinomate università locali, eravamo noi. Per secoli la filosofia, la matematica e la medicina, per non parlare dell'astronomia, della chimica o dell'ottica, sono state islamiche, nel senso che l'Islam ha trasmesso e rielaborato le antiche discipline egizie, babilonesi, indiane e greche, e ne ha fondate di proprie. Un debito, quello nei confronti della scienza islamica, di cui si trovano innumerevoli tracce nel linguaggio stesso di molte discipline moderne che consideriamo, a torto, figlie della superiore "civiltà occidentale" ma che i nostri progenitori riconoscevano appieno, facendo di tutto per procurarsi i testi scientifici degli "infedeli".


L'origine della scienza islamica affonda nei nostri secoli più bui. Gli arabi avevano già preso a studiare il cielo, raccogliendo l'eredità dei greci e degli indiani, già nel VIII° secolo e nell'828 fu costruito a Baghdad il primo osservatorio astronomico del mondo. L'astronomia andava di pari passo con l'ottica e con lo studio della fisiologia dell'occhio: se ne ritrovano tracce nell'origine araba di termini medici come "retina" o "cataratta". L'amore della cultura musulmana per tutto ciò che aveva a che fare con la visione ha indubbiamente radici religiose, ma l'afflato mistico non deve trarre in inganno: la scienza islamica era sostanzialmente empirica - cioè amava sperimentare - e fortemente matematizzata, cosa questa che fa affermare ad alcuni storici che siano stati proprio gli arabi a insegnarci i primi rudimenti della formalizzazione matematica, caratteristica principale della scienza occidentale doc. Ibn Al-Haitham, ad esempio, noto in occidente con il nome di Alhazen, è considerato il massimo esperto di ottica tra Tolomeo e Witelo. L'alta considerazione di cui godeva anche fra i contemporanei non deve stupire: già intorno all'anno Mille Alhazen combinava elaborati trattamenti matematici con i modelli fisici e un'accurata sperimentazione, dando così una svolta empirica all'indagine scientifica, cosa che, in Occidente, avverrà solo dopo cinque secoli.

I calcoli degli astronomi e degli studiosi di ottica arabi furono possibili solo perché gli strumenti matematici erano già altamente sviluppati. L'apporto degli arabi alla scienza del calcolo fu così importante che non se ne è persa memoria e infatti uno dei pochi debiti che gli occidentali non hanno dimenticato è l'invenzione dello zero che rese possibile la nascita del calcolo posizionale, quello in colonne per intenderci. L'introduzione dei numeri indiani - da noi chiamati arabi - e lo sviluppo dell'algebra, fecero il resto. Un nome per tutti è quello del grande matematico del IX° secolo, Al Khwarizmi, che scrisse il Libro del compendio nel processo di calcolo per trasporto ed equazione, più volte tradotto in latino e diffuso in Europa con il nome di Liber Algorismi, una latinizzazione del suo nome da cui deriva il termine "algoritmo".

La medicina

Per secoli la medicina araba è stata talmente più avanzata di quella occidentale da indurre gli stessi crociati a servirsi dei dottori cavallerescamente offerti dal nemico assediato. Gli arabi conoscevano infatti i testi greci di Ippocrate e di Galeno, che l'Europa aveva perduto, insieme alle molte nozioni derivanti dalle teorie e dagli esperimenti degli alessandrini che si erano diffuse nell'Egitto ellenizzato e in Asia minore. L'arrivo in Occidente delle traduzioni di Platone e Aristotele rese accessibile agli studiosi del barbaro Nord anche le teorie dei filosofi e dei medici islamici. Per circa due secoli la filosofia greca è stata infatti studiata nelle versioni arabizzate tratte dai commenti del razionalista Averroè o del mistico Avicenna, i più importanti filosofi dell'Islam, ed è a queste versioni che si riferivano i nostri filosofi. A Bologna come a Parigi gli studenti, ma anche i padri del dogma cattolico come San Tommaso d'Aquino, dovettero piegarsi alla superiorità della sapienza araba del tempo.
Ma Avicenna non era soltanto un filosofo. Mentre nei villaggi nordici che in seguito divennero noti con il nome di Parigi o di Londra, si curavano le malattie con gli incantesimi, nel profondo Sud veniva fondata la medicina moderna. Il Canon medicinae di Ibn Sina, nome originale appunto del grande Avicenna, è stato praticamente l'unico libro di testo degli studenti di medicina per quasi tre secoli e ha continuato, per tutto il Rinascimento, a essere il libro più stampato in Europa. Ma Avicenna è in buona compagnia.

Fu l'arabo Al-Razi a fondare l'ostetricia e a fornire la prima descrizione scientifica del vaiolo e del morbillo - e a prospettare la possibilità di immunizzare i sani attraverso le secrezioni dei malati - mentre Ibn Nafis fu il primo a descrivere il meccanismo della circolazione sanguigna. Tutti nomi ignorati dai manuali di storia della medicina che riportano solo le date - e gli autori - delle ri-scoperte occidentali.
Con le sue grandi intuizioni, come l'ipotesi dell'esistenza dei microbi e i primi esperimenti con i vaccini, la medicina araba era decisamente all'avanguardia nella teoria così come lo era nell'insegnamento e nella pratica. Nelle scuole di medicina islamiche si cominciò a pretendere che gli studenti si misurassero con la pratica clinica oltre che con i testi e per favorire l'apprendistato, oltre che per il controllo delle epidemie, venne abbracciata un'idea del tutto nuova: raggruppare i malati in una struttura dove i medici avrebbero potuto assisterli e gli studenti imparare dalla pratica dei propri maestri.
Venne inventato insomma quello che, per dirla con parole moderne, è il policlinico universitario, che fece la sua comparsa in Europa solo nel diciannovesimo secolo. A Damasco la prima struttura ospedaliera del mondo venne costruita esattamente mille e cento anni prima: nel 707 dopo Cristo, data che lascia un tantino allibiti visto che, a quell'epoca, dalle nostre parti ancora non si pensava nemmeno ai lazzaretti.

Malgrado un'attenzione particolare per l'aspetto psicosomatico che colpisce per la sua modernità, l'approccio medico islamico era sostanzialmente razionalista e si basava su approfondite conoscenze anatomiche che gli europei, a cui non era consentito lo studio dei cadaveri, non potevano avere. Del resto il tabù sulle autopsie rimase valido in tutta la cristianità almeno fino al XVII° secolo e oltre - come testimoniano le rocambolesche "avventure" dei pittori rinascimentali, più note di quelle dei loro contemporanei medici. Ma un'altra caratteristica che rendeva i dottori arabi estremamente efficienti rispetto ai colleghi occidentali, era la possibilità di disporre di una quantità incredibile di sostanze provenienti dagli estesi domini dei califfi - ovvero sali, acidi, alcaloidi ed erbe - che rifornivano il prontuario con una serie di rimedi degni di una moderna farmacia. L'alchimia, da cui trae origine la moderna chimica, era infatti un altro settore particolarmente fecondo della scienza islamica.

A tutta chimica
Lo sviluppo dell'alchimia proviene dall'altro grande filone culturale che si unì a quello greco per dare luogo alla scienza islamica, ovvero le antichissime conoscenze provenienti dall'India e dalla Cina. Nel periodo della sua massima espansione, infatti, l'Islam si estendeva dall'India alla Spagna passando per la Persia, il nord-Africa e la Sicilia. La capitale venne spostata da Damasco a Baghdad dove, grazie alla grande tolleranza culturale del califfo Harum al-Rashid (786-809 d.C.), cominciarono a convergere i saperi e le tradizioni dei popoli conquistati. Sotto il regno dell'Illuminato, come venne chiamato il califfo più volte citato in Le mille e una notte, venne fondata e sviluppata la "Casa della sapienza", ovvero un centro di mecenatismo finanziato dallo Stato che sorgeva intorno a una grandiosa biblioteca inter-religiosa. Nella Casa della sapienza cominciarono ad affluire da tutto il mondo studiosi e religiosi, pensatori e praticanti, in un'atmosfera di libertà intellettuale mai conosciuta prima, e Baghdad diventò per la scienza quello che Atene era stata per l'arte durante l'età di Pericle.

Fu in questo clima che l'alchimia si sviluppò e cominciò a cimentarsi con la produzione di alcune sostanze utili. La chimica islamica, libera dalle condanne e dai pregiudizi religiosi che in Europa la condannarono alla clandestinità fino ai tempi di Newton, a Baghdad ebbe la possibilità di svilupparsi come una scienza e una tecnologia specifica, separandosi molto presto dalle sue origini magiche. Jabir ibn Hayyan, il più famoso alchimista arabo vissuto nella seconda metà del VII° secolo, perfezionò il processo di distillazione dell'alcool (la cui etimologia deriva appunto dalla parola araba "al-ghul"), costruendo nuovi tipi di alambicchi. E' da notare che la preparazione e la produzione dell'alcool a uso medicinale fu consentita, malgrado la ben nota proibizione coranica.
Un altro importante frutto degli esperimenti dei chimici di Baghdad furono i progressi relativi alla fabbricazione della carta, che utilizzarono e migliorarono gli antichi metodi importati dalla Cina. Nel 793 venne fondata a nella capitale una vera e propria fabbrica che, attraverso una produzione semi-industriale, ricavava la carta da una pasta di fibre di canapa e di gelso mescolate ad allume e colla. E con la produzione della carta su larga scala, ovviamente, la diffusione dei libri nel mondo islamico divenne molto più rapida e immensamente più economica, anche se bisognerà aspettare l'invenzione della stampa in Occidente - più di sette secoli dopo - per arrivare alla possibilità di un accesso davvero universale al sapere scritto.

Sabina Morandi
Roma, 13 aprile 2008
da “Liberazione”

Umorismo arabo

Un vecchio arabo residente a Chicago da più o meno quarant'anni, vuole piantare delle patate nel suo giardino, ma arare la terra è diventato un lavoro troppo pesante per la sua veneranda età. Il suo unico figlioAhmed, sta studiando in Francia. Il vecchio manda una e-mail a suo figlio spiegandogli il problema: "Caro Ahmed, sono molto triste perché non posso piantare patate nel mio giardino quest'anno, sono troppo vecchio per arare la terra. Se tu fossi qui tutti i miei problemi sarebbero risolti. So che tu dissoderesti la terra e scaveresti per me. Ti voglio bene. Tuo padre."
Il giorno dopo il vecchio riceve una e.mail di risposta da suo figlio: "Caro papà, per tutto l'oro del mondo non toccare la terra del giardino! Lì è dove ho nascosto ciò che tu sai ... Ti voglio bene anch'io. Ahmed". Alle 4 della mattina seguente arrivano la polizia, gli agenti dell'FBI, della CIA, la DIA, la SWAT, i RANGERS, i MARINES, Steven Seagal, Silvester Stallone, Chuck Norris, Arnold Schwarzenegger ed i massimi esponenti del Pentagono che rivoltano il giardino come un guanto, cercando materiale per costruire bombe, antrace o qualsiasi altra cosa. Non trovando nulla, se ne vanno con le pive nel sacco ... Lo stesso giorno l'uomo riceve una mail da suo figlio: "Caro papà, sicuramente la terra adesso sarà bella pronta per piantare le patate. Questo è il meglio che ho potuto fare, date le circostanze ... Ti voglio bene"

domenica 13 aprile 2008

Fronte cristiano combattente!

La Digos di Milano ferma un presunto complice di Roberto Sandalo

Un secondo presunto appartenente al sedicente Fronte Cristiano Combattente e' stato fermato dalla Polizia nel piacentino. La notizia e' stata resa nota stamani dalla questura del capoluogo lombardo. Secondo quanto si e' appreso, si tratterebbe di un uomo di circa 50 anni, perito chimico, nella cui disponibilita' sono stati trovati un manuale per produrre rudimentali ordigni e materiale esplosivo. Secondo indiscrezioni, l'uomo farebbe parte dello stesso gruppo a cui e' accusato di appartenere Roberto Sandalo, l'ex Prima Linea arrestato a Milano con l'accusa di aver commesso un attentato incendiario nei pressi di luoghi frequentati da islamici.Sandalo resta in carcereRimane in carcere Roberto Sandalo, l'ex esponente di Prima Linea arrestato giovedi' all'alba con l'accusa di essere stato l'ideatore e l'autore dei due attentati incendiari anti-Islam della sera precedente, quando sono andatea fuoco due auto parcheggiate vicino alle moschee di via Quaranta a Milano e di Segrate. Anche se il provvedimento non e' ancora stato notificato al difensore di Sandalo, l'avv. Manuel Sarno, da quanto e' trapelato il gip Antonio Corte avrebbe convalidato la richiesta di arresto avanzata dal Procuratore Aggiunto Armando Spataro e dal pm Maurizio Romanelli. "Mi aspetto un provvedimento di convalida" ha detto, questa mattina, l'ex terrorista passato al "Fronte Cristiano Combattente" al suo legale, durante un breve colloquio in carcere. "E' tranquillo e sereno" ha riferito l'avvocato, precisando che il suo assistito, con cui ha parlato anche di questioni tecniche e processuali, ha chiesto soprattutto della moglie e del figlio, invitandolo a rassicurarli. Il legale e' ora in attesa di leggere l'ordinanza del giudice ("la do per scontata") per poi decidere con il suo cliente le scelte processuali. Ieri, durante l'interrogatorio davanti al gip, Sandalo avrebbe ammesso i fatti contestati (e' stato arrestato in flagranza e gli sono stati sequestrati, tra l'altro, una tanica di benzina, 7 molotov, 10 chili di nitrato di ammonio e anche il timbro con la scritta 'Stop Islam'), anche se, dagli accertamenti finora svolti, il suo nome sarebbe legato per lo meno anche agli ultimi due attentati avvenuti nei pressi della moschea di via Quaranta e a quello di un anno fa contro la sede milanese dell'associazione internazionale 'Islam Relief', in via Amadeo. Investigatori e inquirenti stanno accertando se ci sia ancora lui dietro tutti gli attentati firmati dal "Fronte Cristiano Combattente" e stanno verificando i suoi contatti: almeno altre quattro persone sono finite sotto inchiesta Per i due episodi di tre sere fa 'Roby il pazzo', questo il soprannome di Sandalo negli anni di piombo, e' accusato di incendio doloso con l'aggravante della discriminazione religiosa e porto abusivo di armi da guerra.
(da Rainews24)

sabato 12 aprile 2008

L'ebrezza del malinteso

La «fatwa alcolica» agita l'Islam

Lo Sheikh Qaradawi approva la «modica quantità». Le repliche: «Così confonde la gente»
Il Corano, in vari versetti (II:219, IV:43, V:90, LII:23), proibisce in effetti il vino in quanto inebriante. «Il giorno in cui morrò sotterrami presso una vite, che le sue vene m'innaffino l'esanimi ossa», scriveva a Bagdad nel IX secolo il grande poeta abbaside Abu Nuwas, noto soprattutto per le sue «odi bacchiche» . E il celeberrimo Omar Khayyam, scienziato e autore delle «Quartine », duecento e passa anni dopo cantava: «Godetevi il vino e le donne, non temete: Dio è compassionevole». Un Dio musulmano (anzi «il Dio», come Allah significa in arabo), che anche oggi — in tempi certo assai meno tolleranti — sarebbe relativamente «compassionevole » con chi vede nell'alcol non solo un simbolo di estasi mistica.

TEOLOGO CONTROVERSO - O almeno così pensa Sheikh Yusuf Qaradawi, controverso teologo egiziano che vive in Qatar (dove ha un programma fisso su Al Jazeera), vicino ai Fratelli musulmani e considerato estremista da molti in Europa (e non solo) ma troppo soft da wahhabiti e salafiti. Respinto poche settimane fa dalla Gran Bretagna (nel 2004 una sua visita aveva creato grandi polemiche, anche per
Sheikh Yusuf Qaradawi (da http:// chromatism.net) l'accoglienza trionfale del sindaco di Londra Ken Livingstone, che lo paragonò a Papa Giovanni), è autore di varie fatwa che hanno fatto molto discutere. L'ultima, di questi giorni, riguarda appunto l'alcol: «Non c'è nulla di sbagliato nel consumare bevande che ne contengano una percentuale minima — ha scritto lo sheikh 80enne sul quotidiano di Doha Al Arab —. In una proporzione di 5 a mille, ovvero lo 0,5 per cento, soprattutto se le bevande vengono prodotte con tecniche naturali, sono halal, permesse ». Quantità quasi ridicole se si pensa che una birra ha come minimo il 3,6 per cento di gradazione alcolica. E infatti Qaradawi — che sul suo sito IslamOnline sforna ogni giorno numerose opinioni (fatwa, appunto) su come interpretare i sacri testi — rispondeva così a chi gli chiedeva la liceità delle bibite energizzanti diffuse ormai ovunque. Alcoliche solo in parte minima, come lo è — tra l'altro — la sobia: una bevanda (di gusto discutibile) fermentata dal grano o dal malto, prodotta artigianalmente da secoli (e ancor oggi venduta tra privati) proprio nelle città sante della Mecca e di Medina. I luoghi, in teoria, più privi di alcol del pianeta. Eppure, quasi quanto i pareri politicamente estremisti di Qaradawi sui kamikaze in Israele («resistenti e martiri») o quelli teologicamente tolleranti sugli sciiti («fratelli di noi sunniti»), anche la fatwa alcolica ha iniziato a creare scompiglio. «Confonderà la gente, sarebbe stato meglio evitarla — ha già scritto Abdullatif Al Mahmud, direttore del giornale di Doha Ash Sharq — E questo perché nè il Corano nè la Sunna (i detti e i fatti di Mohammad) definiscono la "minima quantità" che può essere permessa».

IL CONSUMO «SEGRETO» E' ALTO - Il Corano, in vari versetti (II:219, IV:43, V:90, LII:23), proibisce in effetti il vino in quanto inebriante. Ma nei secoli tale divieto è diventato in molti Paesi (come Arabia, Libia o Sudan) assoluto. In teoria, ovviamente: il consumo «segreto» è alto ovunque. E in altri Stati (come Egitto, Marocco o Libano), la produzione locale di birra e vino non incontra problemi, anzi è in aumento (dalla birra egiziana Stella ai grand cru marocchini). Dopo un periodo «proibizionista» negli anni Ottanta, moltissimi soprattutto tra i giovani sono tornati a bere senza nemmeno nasconderlo. «Il fatto che Qaradawi ammetta una quantità seppur minima d'alcol è un segnale — commenta Paolo Branca, professore di arabo e islamistica alla Cattolica di Milano — Anche i teologi si rendono conto che molti musulmani, soprattutto se vivono in Occidente, hanno serie difficoltà ad osservare norme troppo rigide. La macellazione rituale, ad esempio, non è più così seguita, almeno in Europa ». Ma finora, continua Branca «un vero dibattito tra teologi non c'è stato sull'alcol. E almeno in teoria, «i musulmani si dividono oggi drasticamente tra il no assoluto e il sì». La fatwa di Qaradawi, per simbolica che sia la quantità ammessa, potrebbe ora segnare una svolta.
(da Corriere.it)

Non sono affatto d'accordo con questo articolo poichè fraintende le parole di Qaradawi ed è la dimostrazione lampante d come certa gente sia "ottimista": si parla di bevande che contengono un contenuto infimo di alcool non naturale ma trattato chimicamente, ossia un tipo d alcool che appartiene agli eccipienti della bibita...chi lo assume nn lo fa con l'intenzione d bere! ed è importante capire qst poichè la "modica" quantità nn vuol dire che si autorizzino i musulmani a bere un bikkierino, evitando solo d ubriacarsi..ma ovviamente il voler screditare l'osservanza dei musulmani fa tirare in ballo al giornalista i "consumi segreti". Gli ahadith sono chiari: poco o tanto nn cambia nulla, il peccato resta.E da musulmana mi permetto di dissentire con lo sheykh: si dovrebbe fare di tutto per seguire i precetti del Corano e non solo adattarli alle nostre esigenze. Capisco le sue intenzioni ma lui deve anche considerare che in Europa molti musulmani di II o III generazione nn sn più musulmani convinti e potrebbero travisare le sue parole. Ma Dio sa meglio e quello di Qaradawi è solo un parere giuridico in merito.L'unica cosa che m fa sorridere è ke la stampa prenda ogni sciocchezza x un segnale d apertura...quando la smetteremo di cercare di "indigenizzare" l'islam?

Fede e tradizione

ISLAM: FINI, DIFENDIAMO LA NOSTRA IDENTITA'
"Integrazione vuol dire rispetto delle regole, vuol dire lavorare, pagare le tasse, mandare i figli nelle nostre scuole. Non c'e' dubbio che l'integrazione sia indispensabile. Ma spetta a coloro che hanno una cultura e una religione diversa dalla nostra, in particolar modo per coloro che vengono dall'Islam, occorre il rispetto dei valori della nostra societa'. E' da questo punto di vista che c'e' una sinistra che mostra il suo grave limite culturale. Che e' una sorta di relativismo morale". "Quando si parte dal presupposto che in molti nostri asili - spiega Fini - ci sono quattro, cinque bambini musulmani, hanno il sacrosanto diritto di credere nel loro Dio, e per non offenderli togliamo il nostro Crocifisso. In quel momento scatta il relativismo morale. Loro hanno diritto di credere nel loro Dio, ma noi abbiamo il dovere di essere fieri della nostra identita'"
(da Repubblica.it)

Questo la dice tutta...noi musulmani crediamo in Dio e difendiamo la fede, i cattolici moderni difendono semplicemente la loro tradizione....mi sembra che i musulmani partano un pò avvantaggiati, nn vi pare?!

Integrazione o omologazione?

"Sul Giornale di oggi è uscita una mia intervista all’intellettuale francese Alain Finkielkraut, in gran parte dedicata alla Cina e al Tibet, ma nel finale si parla di Islam e di integrazione. Finkielkraut ha ricordato la frase pronunciata recentemente dal premier turco Erdogan a Colonia, che ha suscitato enormi in Germania, ma che in Italia è passata quasi inosservata. Secondo Erdogan, leader del partito islamico Akp e considerato moderato da molti occidentali, “assimilare gli stranieri è un crimine contro l’umanità“.
Questa la risposta di Finkielkraut, che critica la tendenza a bollare come islamofobica qualunque critica un po’ energica al mondo musulmano: “Io dico che non si tratta di imporre i nostri costumi, ma di esigere il rispetto delle norme sancite dalle democrazie europee: parità tra uomo e donna, no alla sottomissione, no ai matrimoni forzati. Questi sono principi non negoziabili. Non è islamofobia “sottomettere” le popolazioni musulmane al rispetto dei diritti dell’uomo e far valere le regole della civiltà europea“. Ha ragione Finkielkraut, occorre obbligare gli islamici immigrati in Occidente? O bisogna rassegnarsi alle idee di Erdogan, che rivendica il diritto di vivere in un Paese senza adeguarsi alle sue regole civiche e dunque senza vera integrazione, come in fondo propone il comunitarismo?"

(dal Blog di Marcello Foa)

La risposta a questa domanda è molto complessa. Ciò ke sfugge a Finkielkraut è che quello a cui lui stesso si riferisce non è l'Islam, ma solamente le tradizioni più o meno tribali dei popoli che lo praticano e che troppo spesso si sostituiscono alle norme islamiche tout court.Per cui a nostro avviso non si può partire da questi fenomeni x impostare un discorso serio sull'integrazione islamica: mai l'islam ha ammesso quelle cose, che oltretutto appartengono alla sfera personale dell'individuo....che danno ne avrà mai lo Stato se i genitori scelgono un marito alla figlia? è qst un altro grande limite di molti politici o critici dell'Islam: non conoscono seriamente ciò di cui parlano, o meglio non conoscono il diritto islamico nè i testi e si fissano su aspetti marginali come il velo o i matrimoni combinati, strumentalizzandoli a dovere.

A nostro avviso, ciò che i politici dovrebbero esigere è SOLO il rispetto delle leggi dello stato ocidentale in cui il musulmano vive, non adducendo pretesti che fanno capire quanto più ke alla legalità mirino all'omologazione. Che in Italia il niqab sia bandito potrebbe essere comprensibile(benchè qst proibizione si basi su leggi che riguardano tutt'altre questioni e contingenze storiche) ma che la Santanchè sostenga di voler vietare il velo alle minorenni è una baggianata, un'intrusione bella e buona in usanze culturali altrui. Dal lato opposto, come ha sostenuto di recente Tariq Ramadan, i musulmani in Europa non dovrebbero fissarsi a ottenere cose di cui NON hanno bisogno: se ad esempio l'Islam sostiene a chiare lettere che è giusto che una donna mostri il viso, non si capisce xkè in UK molte ragazze si ostinino a portare la copertura integrale anche a costo d sfidare le istituzioni, come non si capisce perchè in Italia alcune associazioni islamiche propugnino la legalizzazione della poligamia o il ricongiungimento multifamiliare....se lui sa d non poter portare la moglie nel posto in cui vive, non ha senso sposarla ed anche l'Islam lo sconsiglia.

La risposta più ragionevole alla domanda suddetta pare quindi essere: è giusto che gli immigrati rispettino le leggi del paese che li ospita, ma queste non devono necessariamente intromettersi nella sua sfera privata. Se io musulmana non mi copro il viso ma solo i capelli, faccio sì che la mia religione nn intralci il mio lavoro e pago le tasse, ciò che faccio a casa mia nn deve interessare allo Stato: devo quindi poter digiunare, pregare 5 volte, trovare un marito a mia figlia(col suo consenso ovviamente), mandare aiuti ai civili palestinesi etc... . Nel momento in cui lo Stato inizia ad intromettersi in quello, vuole dire che più che INTEGRARMI(sono italiana, ma parlo in generale) sta cercando di OMOLOGARMI ed a quel punto è mio diritto se non mio dovere dissentire!

mercoledì 9 aprile 2008

Una piccola parentesi



Mi sono laureata...auguriiiii!!!!!!!!!!!!!!!

lunedì 7 aprile 2008

Il potere della parola


Lo stereotipo che vuole gli arabi incapaci a fare informazione è duro a morire. Ho fatto di recente una ricerca sulla stampa araba dal 1832 al 1926, e ho scoperto cose straordinarie. Nel 1876, in Italia, c'erano ben quattro quotidiani in lingua araba: a Napoli, a Bologna e a Livorno. Ora c'è la televisione, ma il pregiudizio di cui parlavo è ancora forte. Si pensa che "per natura" gli arabi siano bugiardi, retorici e inclini ad esagerare. La vera differenza culturale tra i paesi occidentali e quelli arabi, quella essenziale, è che la cultura occidentale è basata certo sulla scrittura, ma più ancora è basata sull'arte, sulle immagini, la pittura, la scultura. Dipende dal fatto che la natura è più bella e varia, che ci sono la neve, i fiumi e tante altre cose che ispirano il genio. La cultura araba, invece, ha solo il deserto. Tutto lì è aperto e deserto. Gli arabi sono obbligati a guardare nello spazio, notte e giorno. Non hanno avuto il pennello o lo scalpello, hanno avuto la parola. Di notte, nel deserto, si parlava e si faceva poesia. I dieci poemi più famosi della cultura araba preislamica sono stati scritti con inchiostro d'oro e appesi alla Ka'aba della Mecca. Poi è venuto l'Islam: la "sura" più antica del Corano dice: "Leggi!, nel nome del Dio che ti ha creato. Colui che ha insegnato all'uomo con la penna". Ecco, la scrittura e la lettura, la lingua e la parola. La novità è che adesso la parola araba può arrivare ovunque. In questa guerra, la verità sarà vista da due angolazioni diverse. L'altra novità è che ora c'è una professionalità araba basata anche sulla tecnologia. La mediazione tra i fatti e gli spettatori è araba.
(Samir al Qarayouti, da http://www.isfreedom.org/)

Dove va l'Europa??

Profanate tombe islamiche in Francia: condanna di Sarkozy

Nella notte 148 tombe islamiche del cimitero militare di Notre Dame de Lorette, nel Nord della Francia, sono state profanate. Lo ha rivelato il responsabile del museo di cui fa parte il cimitero ricordando che gia' un anno fa c'era stato un analogo episodio. Sono state tracciate delle scritte con vernice nera che insultano l'islam e in particolare il ministro della giustizia Rachida Dati, che e' di origine maghrebina. Inoltre una testa di maiale e' stata appesa a una delle tombe. Solo quelle dei musulmani sono state imbrattate. Il cimitero e' dedicato ai caduti della prima guerra mondiale. Sia il presidente francese Nicolas Sarkozy sia il primo ministro Francois Fillon hanno reagito con sdegno alla notizia. In un comunicato della presidenza si parla di atto inammissibile di razzismo che e' un insulto alla memoria di tutti gli ex combattenti. Analoghe le espressioni di sdegno di Fillon.

(da Rainews24)

sabato 5 aprile 2008

Ora si ragiona!

ISLAM: ATTENTATO A MILANO; PER PROCURA E' DI MARCA RAZZISTA

(ANSA) - MILANO, 4 FEB - Per la Procura di Milano l' attentato alla moschea di via Quaranta è stata un' azione "di marca razzista e contraria al principio costituzionale della libertà di culto". E' l'idea che si sono fatti inquirenti e investigatori milanesi di quanto è accaduto l'altro ieri notte in una delle due moschee milanesi, quella dove in passato ha anche predicato Abu Omar, l'imam rapito nel febbraio 2002 nell' ambito di una extraordinary rendition. Intanto, per oggi pomeriggio, è atteso un incontro, che si terrà al quarto piano del Palazzo di Giustizia, tra il procuratore aggiunto Armando Spataro e il portavoce della moschea di viale Jenner, Abdel Hamid Shaari. Incontro nel quale Spataro in via ufficiale manifesterà la solidarietà alla comunità islamica di Milano ripetutamente oggetto in questi ultimi tempi di azioni che, appunto, secondo gli inquirenti, sono di stampo razzista e contrari al principio costituzionale della libertà di culto. Inoltre a Shaari verrà assicurata "la ovvia determinazione" della polizia giudiziaria e della Procura a condurre indagini approfondite per individuare i responsabili della catena di attentati che da aprile fino all'altro ieri si sono susseguiti. Titolare delle inchieste su ciascuno degli attentati è il pm Maurizio Romanelli, componente del pool antiterrorismo.

martedì 1 aprile 2008

E se fossero i cristiani ad essere i provocatori?

Have you noticed that Europe is issuing new provocations to Islam, and that Muslims are reacting so far with calm? Dutch politician Geert Wilders is promoting a film he says will prove his belief that "Islamic ideology is a retarded, dangerous one." A Danish newspaper republished one of the caricatures of the Prophet Muhammad last month, after the arrest of a man purported to be plotting to kill the cartoonist. Most troubling was the pope's decision to baptize the Egyptian journalist Magdi Allam in St. Peter's on the night before Easter, thus converting a famously self-hating Muslim into a self-loving Christian in the most high-profile setting possible.

Yet so far the main reaction to the pope was dismay from the 138 Muslim scholars of the new Roman Catholic-Muslim forum for dialogue, who said the "spectacle" of Allam's baptism, "with its choreography, persona and messages, provokes genuine questions about the motives ... and plans of some of the pope's advisers on Islam."

There are deeper signs of moderation, too. In Turkey, the ruling AK Party is supporting theological scholarship intended to modernize—and moderate—traditional Islamic teachings. In Lebanon, Ayatollah Mohammed Hussein Fadlallah, once known as the spiritual leader of Hizbullah's suicide bombers, now counsels the faithful to respond to Western "aggressions" through cultural and legal means. Saudi Arabia's King Abdullah has fired 1,000 of the official Muslim prayer leaders and decreed that the 40,000 who remain must be retrained to make sure they are not stoking radical violence.

The pope previously angered Muslims by quoting a medieval emperor who called Islam "evil and inhuman." The Vatican newspaper L'Osservatore Romano said Allam's baptism emphasized "in a gentle and clear way religious freedom." Some at the Vatican hinted that Benedict didn't know how angrily Muslim scholars would react to his embrace of Allam, who has made a career writing about Islam as a faith that terrorizes. Yet even Bishop Paul Hinder, the Vatican's representative in Arabia, says local Christians took him aside at Easter services and asked why the baptism "had to be done in such an extraordinary way."

Allam says he hopes his public conversion will help others to speak out, and praised the pope's "message to a church that, up to now, has been too prudent in converting Muslims." The more probable scenario is that Christians in the Muslim world will feel even more vulnerable, while Allam's Muslim-bashing books will climb Europe's best-seller lists. A Muslim explosion would only further boost sales


Pope Benedict XVI, an exiled Egyptian journalist, a bleach-blond Dutch parliamentarian and Danish cartoonists all have something in common with a Teddy bear named Mohammed. They have been at the center of that seething storm called Muslim rage in the last few months, and, with the exception of Mohammed T. Bear, they appear to be testing that anger to see if it will erupt … yet again.

If it does, the crisis could peak just as Benedict begins his visit to the United States in mid-April. As he preaches world peace before the United Nations, once more we'll witness scenes of books and flags and effigies burning in the world of Muslims. If precedent holds, rioters may die in Kabul, a nun could be murdered in Somalia, a priest might be gunned down in Turkey. All this is all too predictable, as provocateurs like the peroxide blond must certainly know.

And yet, this time the shockwaves may amount to nothing more than ripples. If the satellite networks allow their lenses to zoom back from the book burners, they may discover there's no raging crowd there, just the usual collection of unemployed malcontents on any street in Karachi. And what is most important, we may find that the Muslims of this world are just as weary of this sorry spectacle—maybe even more so—than the Christian, Jewish and secular publics in the West.

There are several signs of change, and not always from the usual suspects.

In Turkey, the once militantly secular government is now dominated by the AK Party, which has Islamic roots and recently passed a constitutional amendment that ended the ban on women wearing Muslim headscarves at state universities. Yet the same government is supporting theological scholarship intended to modernize—and moderate—traditional Islamic teachings. An initiative run out of the prime minister's office is re-examining interpretation of the Qur'an itself as well as the Hadith, or sayings of the Prophet. Fadi Hakura, an expert on Turkey at Chatham House in London, recently told the BBC, "This is kind of akin to the Christian Reformation. Not exactly the same, but if you think, it's changing the theological foundations."

In Lebanon, Ayatollah Mohammed Hussein Fadlallah once was known as the spiritual leader of Hizbullah and of its suicidal shock troops, who blew up American Marines and diplomats in Beirut in the early 1980s. Today, instead of calling the faithful to arms in response to perceived Western insults, Fadlallah calls on Muslim intellectuals, elites and religious scholars to work through the media and political organizations as well as "legal, artistic and literary" channels.

Fadlallah tells the faithful that the goal of Westerners who commit "aggressions against the Muslim world's sacred symbols" is to create a rift between Muslims and Western societies—and to isolate those Muslims who live in Western societies. He decries those Muslims he calls takfiri who claim they are fighting heresy with violence. He says they play into the hands of Islam's enemies. He even calls for "a united Islamic-Christian spiritual and humanitarian front."


In Saudi Arabia, King Abdullah was pushing an agenda of political and religious moderation even before he assumed full control of the country in 2005. The kingdom still holds to the ultraconservative Sunni religious dogmas known as Wahhabism, and the monarchy's legitimacy is tied to its custodianship of Mecca and Medina, the two holiest sites in Islam. That won't change. But Abdullah has fired 1,000 of the Muslim prayer leaders on the government payroll and decreed that the 40,000 who remain must be retrained to make sure they are not stoking radical violence.

Yes, there may be less here than meets the eye. When I talked to Hakura on the phone Wednesday morning, he cautioned that the Turkish rethink of Islam is rooted in national traditions and might be a hard sell in the Arab Middle East. Fadlallah may be enthusiastic about reconciliation with Christians, but on his Web site he still presents himself as an implacable foe of what he calls Israel's "Zionist project that is based on violence, arrogance and despise [sic] of other countries." A highly placed Saudi friend assured me the other day the so-called "retraining" of Saudi Arabia's retrograde imams really would be more like "a dialogue" to discuss the best ways to preach.

Islam, like any faith, has plenty of violent fools and fanatics. Certainly it is hard to credit the judgment or intelligence of anyone in Sudan connected with the arrest of British expatriate schoolteacher Gillian Gibbons a few months ago. You'll recall she made the nearly fatal mistake of letting her class of seven-year-olds in Khartoum name a Teddy bear Mohammed. To the kids, many of whom were named Mohammed themselves, the name just sounded friendly and cuddly. Sudanese authorities claimed Gibbons was inciting religious hatred and insulting the Prophet. Eventually she apologized and they released her—against the wishes of the mob calling for her death.

But even with many qualifications and reservations, in my view the conciliatory trends in Islam make an interesting contrast with renewed provocations coming out of Europe.

There's no use wasting much space on the Dutch parliamentarian Geert Wilders, the dyed blond with ugly roots who is promoting a film he says will prove his belief that "Islamic ideology is a retarded, dangerous one." What to say about a politician reminiscent of Goldmember in an Austin Powers film who claims the Qur'an should be banned like Adolph Hitler's "Mein Kampf"? No Dutch television network will show his little movie, so he released it on the Internet this week, reportedly drawing 2 million page views in the first three hours. The general reaction in Holland thus far has been little more than shoulder shrugging.

Danish cartoonists and editors previously unknown to the wider world garnered international attention when they published caricatures of the Prophet Muhammad in 2005 that brought on bloody riots in several Muslim countries in 2006. Having sunk once again into obscurity, the editors decided to publish one of the cartoons again last month, reportedly after the arrest of an individual plotting to kill the cartoonist. Great idea. Take one man's alleged crime and respond with new insults to an entire faith.

The most problematic event of late, however, was Pope Benedict's decision to baptize the Egyptian journalist Magdi Allam in Saint Peter's on the night before Easter, thus converting a famously self-hating Muslim into a self-loving Christian in the most high-profile setting possible. Perhaps Benedict really thought, as the Vatican newspaper L'Osservatore Romano opined, that the baptism was just a papal "gesture" to emphasize "in a gentle and clear way religious freedom." But I am not prepared to believe for a second, as some around the Vatican have hinted this week, that the Holy Father did not know who Allam was or how provocative this act would appear to Muslim scholars, including and especially those who are trying to foster interfaith dialogue.

Ever since 2006, when Benedict cited a medieval Christian emperor talking about Islam as "evil and inhuman," and the usual Muslim rabble-rousers whipped up the usual Muslim riots, more responsible members of the world's Islamic community have hoped to restore calm and reason. And now this. "The whole spectacle, with its choreography, persona and messages provokes genuine questions about the motives, intentions and plans of some of the pope's advisers on Islam," said a statement issued by Aref Ali Nayed, a spokesman for 138 Muslim scholars who established the Catholic-Muslim Forum for dialogue with Rome earlier this month.

Bishop Paul Hinder, the Vatican's representative in Arabia, was reluctant to criticize the pope, of course, but when I reached him in Abu Dhabi Wednesday morning he clearly had reservations about the way Allam was received into the Church. He said that local Christians took him aside at Easter services and asked him "why it had to be done in such an extraordinary way on a special night." Hinder contrasted Allam's conversion to Catholicism with former British prime minister Tony Blair's, which "was done in a private chapel."

"What I cannot accept is if it is done in a triumphalistic way," said Hinder. That is, if Allam were not declaring only his personal beliefs but intentionally demeaning the faith of Muslims. Yet it is hard to read the spectacle of his conversion otherwise, because that's exactly the tone in which Allam writes. He has made his career portraying Islam as a religion that terrorizes. Allam says he has lived in hiding and in fear for years because of reaction to his columns in the Italian newspaper Corriere della Serra, which regularly denounce excesses by Muslims and praise Israel. Allam converted to Catholicism, he says, as he turned away from "a past in which I imagined that there could be a moderate Islam." Speaking as if for the pope, Allam told one interviewer in Italy, "His Holiness has launched an explicit and revolutionary message to a church that, up to now, has been too prudent in converting Muslims." A Vatican spokesman says Allam was not speaking for the pope.

Allam claims he is hoping his public embrace of Catholicism will help other converts to speak out in public. But that hardly seems likely. The more probable scenario is that others will feel even more vulnerable, while Allam's books, like many Muslim-bashing screeds that preceded them, climb the best-seller lists.

Unless—and this really would be news—the Muslim world just turns the page.


(da www.newsweek.com)