lunedì 31 marzo 2008

L'Islam è antisemita?

Ma non c’è nulla di più falso: l’antisemitismo è una manifestazione tipicamente occidentale che ha una storia che attraversa le vicende dell’Occidente negli ultimi 2000 anni e più, a partire dal momento in cui la polemica tra cristianesimo ed ebraismo sul tema del Messia salvatore è fuoriuscita dai binari teologici per sconfinare nella diffamazione (accuse di omicidi rituali in cui gli ebrei avrebbero mescolato il sangue di bambini cristiani con il pane azzimo, avvelenamento di pozzi, causa di peste ecc ecc) e nella persecuzione fisica, quest’ultima inaugurata con la trasformazione del cristianesimo in religione di stato. Gli episodi più emblematici della persecuzione antisemita si consumarono spesso e volentieri su diretta istigazione delle autorità ecclesiastiche. A partire dal secolo XVI, e in particolar modo dopo l’emanazione della bolla Cum nimis absurdum voluta da papa Paolo IV, gli ebrei furono costretti a risiedere in ghetti, in zone spesso degradate delle città, separati dal resto delle popolazioni. Già in precedenza, il IV Concilio Laterano (1215) aveva preso un provvedimento per distinguere gli ebrei dalla popolazione cristiana, imponendo di applicare ben visibile sopra gli indumenti un segno (un cerchio di stoffa colorata, un cappello o altro a seconda dei luoghi) che rappresentava una prima forma di differenziazione fisica che non aveva nessuna ragione di esserci. A questo quadro di limitazioni, si aggiunse progressivamente una serie di restrizioni giuridiche che impedirono agli ebrei forme di attività che non fossero il commercio e il prestito di denaro. Pogrom, roghi, conversioni forzate, espulsioni e confisca dei beni erano all’ordine del giorno: gli episodi più significativi si verificarono in Inghilterra (1290), Francia (1306), Spagna (1492) e Portogallo (1497) con la benedizione dei cristianissimi principi occidentali e sommo piacere delle popolazioni locali. I secoli XVII e XVIII sono noti nella storia ebraica come "i secoli dei ghetti". Nell’Ottocento, poi, l’antisemitismo religioso venne revisionato in chiave politica: nel 1881 sommosse popolari antiebraiche in Russia, nel 1894 il caso Dreyfus in Francia, nel 1905 i falsi "protocolli degli anziani Savi di Sion" fino ad arrivare al Mein Kampf di Hitler, ad Auschwitz e allo sterminio a cui parteciparono attivamente e volontariamente tutte le popolazioni europee coinvolte. Ancora oggi succede che alla moglie ebrea di un marito cristiano venga chiesto di firmare, in Curia, un documento in cui si impegna a non cercare di convertire i suoi figli all’ebraismo. Bernard Lewis, professore emerito presso la Princeton University, nonché autorevole studioso ebreo della storia dell’Islam la illustra molto bene quando dice: «Per gran parte del Medioevo gli ebrei dell’Islam costituirono la parte più consistente e più attiva del popolo ebraico. Gli ebrei che vivevano nei paesi cristiani, cioè in Europa, erano una minoranza relativamente poco importante. Con poche eccezioni, tutto quanto di creativo e di significativo vi era nella vita ebraica accadeva nei paesi islamici. Le comunità ebraiche dell’Europa costituivano una sorta di appendice culturale degli ebrei che vivevano nel mondo islamico, di gran lunga più progredito e sofisticato, che si estendeva dalla Spagna musulmana a occidente fino all’Irak, all’Iran e all’Asia centrale a oriente». Sarebbe quindi giusto e legittimo parlare di una tradizione giudeo-islamica con contributi ebraici alla civiltà islamica e contributi islamici a quella ebraica. Gadi Luzzatto Voghera nel suo saggio sull’antisemitismo invece afferma: «Storicamente infatti nei paesi dominati dall’Islam la convivenza fra ebrei, cristiani e musulmani era stata generalmente ispirata a reciproco rispetto. È noto il debito di riconoscenza che sul piano culturale il mondo ebraico nutre nei confronti dell’Islam per il grado di tolleranza mantenuto nel medioevo», tant’è vero che i grandi pensatori e filosofi ebrei, come Mosè Maimonide, scrivevano le loro opere direttamente in arabo. Elena Lowenthal, giornalista della Stampa, citando il libro di Giuliano Tamani La letteratura ebraica medioevale, secoli X-XVIII, scrive «Fu infatti nella seconda metà di questo secolo (X) che cominciarono in Andalusia la rinascita della lingua ebraica e un modo di intendere la letteratura completamente diverso dal passato». La religione ebraica e quella islamica hanno infatti molti tratti in comune: la legge islamica stabilisce per esempio che il digiuno ha inizio all’alba quando «è possibile distinguere un filo bianco da un filo nero». Una definizione che assomiglia molto alla massima del Talmud che definisce l’alba, per scopi rituali, come il tempo in cui «si può distinguere tra il blu e il bianco», o, secondo un’altra opinione, fra il blu e il verde. La legge islamica prevede divieti alimentari e norme di macellazione comuni all’ebraismo ma estranee al Cristianesimo. Né l’ebraismo né l’Islam hanno sacramenti, ordinazione o mediazione sacerdotale. La posizione degli ulema nella vita islamica e quella del rabbinato nelle comunità ebraiche ortodosse si assomigliano moltissimo. Né l’ulema né il rabbino è un sacerdote ordinato, e nessuno dei due ha una funzione sacerdotale. Non vi è ufficio religioso che un ulema o un rabbino possano compiere che non possa essere svolto da un qualsiasi credente maschio adulto, in possesso della necessaria cultura. Entrambi acquisiscono il loro status attraverso lo studio e il riconoscimento che diventa una forma di certificazione – dove la semikha del rabbino assomiglia molto da vicino alla ijaza che un nuovo ulema riceve dal suo maestro. A differenza del Cristianesimo, la somiglianza può essere riscontrata anche nelle leggi stesse, nella loro concezione, nel loro scopo, nel ventaglio di argomenti che prendono in considerazione e il ruolo ad esse accordato nella vita personale, pubblica e privata, quotidiana. Ambedue concordano sostanzialmente sull’origine divina e sulla natura duale della Legge, scritta e orale, nella rivelazione e nella tradizione. Il concetto ebraico di Halakha e quello islamico di Sharia (ambedue i termini significano sentiero o via) sono certamente in stretta relazione tra loro. Perfino la pratica dei responsi giuridici, le teshuvot rabbiniche e le fatawa islamiche mostrano un chiaro parallelo. E cosi come il fiqh islamico (la giurisprudenza musulmana) deve molto ai precedenti rabbinici, nella letteratura della filosofia e della teologia, l’influenza procedette dall’Islam all’ebraismo. Bernard Lewis afferma: «L’emergere della teologia ebraica si manifestò quasi interamente in terra islamica. Essa fu opera di teologi che utilizzarono sia i concetti che il vocabolario del kalam (parola) musulmano». Molti temi biblici e rabbinici – come la storia di Elia, la storia di Korah, la maledizione di Cam – hanno significative varianti islamiche. In epoca medievale perfino la discussione ebraica di alcuni di questi temi fu influenzata dalle versioni islamiche che erano divenute note agli ebrei. Le influenze musulmane sull’ebraismo, afferma Lewis, interessarono anche il rituale e il culto della sinagoga. Nella letteratura e nelle arti, l’influenza musulmana sull’ebraismo fu enorme. C’è stata perfino, oltre alla naturale somiglianza della lingua araba e di quella ebraica, un’influenza araba sulla filologia ebraica. Inutile dire che tutto questo era frutto di un tipo di simbiosi fra gli ebrei e i loro vicini che non ha paralleli nel mondo occidentale fra l’epoca ellenistica e quella moderna, come dice – ancora una volta - Lewis. Va aggiunto, in conclusione, che per i musulmani, l’ebraismo non fa parte delle doglie del parto della loro religione, come accade per i cristiani. Non esiste quindi quella dimensione teologica di scontro, che conferisce all’antisemitismo cristiano il suo singolare e particolare carattere. Con questo non voglio negare che ci siano stati, prima del sorgere della questione palestinese, episodi di ostilità tra ebrei e musulmani, più per ragioni politiche che per ragioni teologiche, come sopra chiarito. Il primo dei quali avvenuto - in base alla tradizione islamica - quando il profeta dell’Islam, Maometto, si scontrò con le tribù ebraiche dei dintorni di Medina che non erano intervenute a sostegno dei musulmani contro i politeisti meccani che assediavano la città. Nella successiva storia del mondo islamico, come dice Lewis, «è necessario fare subito una precisazione: vi sono ben poche tracce di una qualche ostilità emotivamente radicata diretta contro gli ebrei – o, in questo senso, contro ogni altro gruppo – simile all’antisemitismo del mondo cristiano. Non va dimenticato in effetti che gli ebrei, al pari dei cristiani, erano considerati – dai musulmani - "popoli del libro" a cui andava garantita la libertà di culto e una sostanziale autonomia nella gestione degli affari e persino della giustizia (con i tribunali rabbinici pienamente funzionanti) all’interno della propria comunità il che non vietava però agli ebrei di rivolgersi al giudice musulmano per risolvere eventuali controversie interne. Gli ebrei dell’Islam non erano soggetti, come in Europa, a restrizioni nel campo delle professioni: essi potevano perfino raggiungere posizioni di rilievo in molti campi, dalla medicina alla diplomazia e gli esempi non mancano. Salvo rarissime eccezioni, non erano soggetti a restrizioni abitative: il fenomeno della Harat al-Yahud (Quartiere degli ebrei) era dovuto ai meccanismi sociali che fanno si che determinati gruppi etnici o religiosi si aggreghino entro determinati confini. Le restrizioni in termini di abbigliamento o di copricapo indossati dai vari sottogruppi all’interno della società islamica, spesso menzionati come prova della discriminazione a danno degli ebrei in terra musulmana, servivano come elemento di riconoscimento tanto interno quanto esterno e, in molte situazioni, non comunicavano intenzioni ostili». Già nel settimo secolo a.C. il profeta Sofonia (I, 8) afferma che «nel giorno del sacrificio al Signore», Dio punirà «tutti quelli che sono vestiti con abbigliamento straniero». Analogamente, lo stesso Talmud esorta gli ebrei a non vestirsi come i persiani, vale a dire i padroni dell’impero in cui vivevano. Le minoranze ebraiche in terra islamica, diversamente da quelle dei paesi cristiani, non erano che una fra le molte minoranze presenti in una società diversificata e pluralista in cui ebrei e musulmani avevano continui e stretti contatti che si traducevano in una comunanza sociale e intellettuale, collaborazione, mescolanza e perfino amicizia personale. D’altronde, come dice Lewis in merito alla somiglianza fra un capitolo di una delle opere teologiche del grande teologo musulmano al-Ghazali (1059-1111) e l’opera di un filosofo ebreo di nome Bahya, poi rivelatesi entrambi ispirati ad una precedente opera cristiana: «una società in cui è possibile il plagio fra teologi di tre religioni diverse ha senza dubbio raggiunto un alto livello di tolleranza e simbiosi».

Sherif el Sebaie

domenica 30 marzo 2008

Parole sante!

Islamofobia
di Giovanni Sarubbi

L’islamofobia ha superato oramai da tempo il livello di guardia. Se durante una trasmissione televisiva si permette che qualcuno definisca “bestie” gli appartenenti alla religione islamica senza che questo scateni alcuna reazione fra il pubblico in studio o da parte dello stesso conduttore, significa che tutto è possibile, anche il passare alla violenza più bruta. E purtroppo azioni violente nei confronti di singoli musulmani o di centri islamici ne sono già avvenute molte, ultimo quello contro la moschea di Abbiategrasso, nell’hinterland milanese contro cui è stata lanciata una molotov lo scorso 24 ottobre. L’islamofobia è una forma di razzismo religioso che si manifesta in molti modi e che si connota spesso anche di xenofobia, cioè l’odio per gli stranieri. Finora abbiamo potuto registrare nel nostro paese attacchi islamofobi che hanno riguardato la questione delle donne con annessa questione del velo, l’opposizione alla costruzione delle moschee, al modo di vestire, alla lingua araba, che è la lingua del Corano, al digiuno del mese di Ramadan, alla cosiddetta questione della reciprocità, alla poligamia che oramai non viene più neppure praticata nei paesi a maggioranza musulmana. Non mancano poi, come succede in tutte le forme di razzismo, gli attacchi alla “sporcizia” di cui sarebbero portatori i musulmani, al loro “cattivo odore”, o al considerarli degli esseri subumani e quindi indegni di far parte del genere umano.L’aspetto forse più grave è, ancora, quello dell’associazione della parola “islam” alla parola “terrorismo”, con lo stravolgimento voluto di termini quali “jihad”, tradotti sempre come “guerra santa” cosa che è ben lontana dal significato vero del termine che è invece “sforzo” e che per un musulmano significa "impegnarsi sulla via di Dio". “jihad”, che è una parola che non contiene alcuna implicazione di natura violenta o aggressiva, viene fatta passare come l’esatto suo contrario con gli islamici e gli stranieri in genere responsabili di omicidi, furti, rapine, o di quella che è stata chiamata l’emergenza “sicurezza”, con il caso dei lavavetri di Firenze elevato a paradigma di come si dovrebbe affrontare il “problema”, con la cosiddetta tolleranza zero ed i sindaci italiani improvvisamente diventati sceriffi americani. C’è poi la diffusione di idee false su “Allah”, che sarebbe “un Dio diverso da quello cristiano”, o su ciò che il Corano dice su Gesù, su sua madre Maria e sui Vangeli, o sul fatto che i musulmani non rispetterebbero i simboli cristiani quali “la croce” o “il presepe”. Nessuno dice che Gesù e Maria sua madre sono grandemente rispettati e amati dai musulmani.Ma islamofobia è sicuramente anche il mettere i musulmani oltre che contro i cristiani anche contro gli ebrei, cercando di addossare ai musulmani quell’antisemitismo di cui essi nella loro storia non sono mai stati promotori. Il tutto fidando sul fatto che la stragrande maggioranza dei cittadini italiani non ha letto né il Corano e neppure la Bibbia e scarse sono le conoscenze delle realtà culturali e sociali da cui provengono i musulmani migranti che si sono stabiliti in occidente. Ma islamofobia è anche violare le tombe nei cimiteri musulmani, o costringere bambini musulmani a compiere riti tipici della religione cattolica, quali baciare statuine di santi, o costringerli a studiare come se fossero cattolici, o impedire che nelle scuole si possa parlare di tutte le religioni, anche dell’islam, e non solo di quella “cattolica romana”. Islamofobia è anche schierarsi contro i cosiddetti “matrimoni misti”, fra cristiani e musulmani, riesumando quanto era previsto nelle famigerate leggi razziali del ventennio fascista che proibivano il matrimonio fra ebrei ed “ariani”. E’ mutata la religione da attaccare ma la sostanza è la stessa. Nessuno sa, ovviamente, che una delle mogli del profeta Muhammad era cristiana ed è rimasta tale fino alla morte.I promotori della campagna islamofoba sono da ricondurre ai partiti dell’area di destra, neofascisti e neonazisti, che si appoggiano sulle frange più estreme e conservatrici delle chiese cristiane, soprattutto quelle di origine nord-americane, i cosiddetti evangelicali, gli stessi che si impegnano nelle battaglie contro gli omosessuali o che hanno sostenuto e sostengono la segregazione razziale fra bianchi e neri. La tradizione continua!Ma anche nella stessa chiesa cattolica non mancano gli islamofobi, nonostante i ripetuti viaggi e incontri di Giovanni Paolo II nei paesi musulmani. Basti citare fra tutti il card. Biffi e la curia bolognese che, ancora oggi, sono coloro che, per esempio, si oppongono a gran voce alla realizzazione di una moschea a Bologna. Proprio Biffi è stato il promotore nel 2000 di un documento della Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna contro l’islam che è servito di copertura ideologia agli attacchi islamofobi. Sul piano culturale la più famosa islamofoba è stata la defunta Oriana Fallaci che è arrivata a minacciare di far saltare con le bombe una moschea, quella di Colle Val D’elsa, se la si fosse realizzata. Ma andiamo con ordine. Cercheremo di affrontare i vari aspetti indicati più in dettaglio sottolineando però subito come sia estremamente negativo il ruolo che i mass-media svolgono nel diffondere i pregiudizi islamofobi. Un esempio di islamofobia giornalistica è certamente quella del giornalista Magdi Allam che usa il Corriere della Sera come tribuna per le sue campagne tendenti a seminare la paura del musulmano.La questione delle donneLa questione della violenza sulle donne islamiche è la più gettonata dagli islamofobi. Ci sono oramai alcune “squadre di propaganda” ben organizzate composte di sole donne, tutte di destra, che conducono un attacco sistematico su tale questione e che si avvalgono anche di qualche donna di origine nordafricana occidentalizzatasi in freatta. Le donne musulmane sarebbero tutte picchiate e violentate dai loro mariti e/o padri o fratelli. Esse non avrebbero alcun diritto, delle vere e proprie schiave. E’ chiaro che una simile rappresentazione della realtà sia dei paesi islamici, sia delle stesse comunità di migranti che vivono in Italia è del tutto inventata. E’ anzi vero il contrario, stando alle statistiche ufficiali degli organismi internazionali che verificano le questioni riguardanti i diritti umani. E’ il mondo cosiddetto occidentale e “cristiano” a detenere il record assoluto di violenze, stupri, omicidi sulle donne di qualsiasi età e ceto sociale. In Italia, ad esempio, non c’è praticamente donna che nella sua vita non abbia ricevuto una qualche forma di molestia sessuale più o meno grave. I singoli casi di cronaca riguardanti immigrati di religione islamica, su cui le squadre di propaganda si sono buttate a corpo morto, stanno li a testimoniare che si tratta di eccezioni e non della regola, frutto di leggi tribali più che della religione islamica, al pari di quelle “leggi dell’onore”, spesso ancora imperanti, in molte regioni della nostra Italia.Si cita anche spesso la questione della infibulazione che con il Corano non c’entra nulla e che affonda in tradizioni tribali millenarie, tanto che viene praticata in Africa anche dalle comunità convertite al cristianesimo senza che nessuno accusi il cristianesimo di sostenere tali pratiche. Il Velo ed il vestiarioLa questione del velo portato dalle donne islamiche fa parte integrante della campagna islamofoba contro le donne. Le donne sarebbero libere ed emancipate se (s)vestono come le “veline” televisive, che girano praticamente nude, mentre sarebbero schiave se scelgono liberamente, come fanno del resto le stesse suore cattoliche, di coprire il loro corpo ed il loro capo come segno della propria religiosità e del rifiuto di essere considerate “oggetti sessuali”. La cosa incredibile di questa campagna è che anche molte femministe cadono in tale trappola, mentre sono molte le donne italiane che si sono convertite all’islam proprio perché gli stereotipi occidentali continuano, vedi “veline”, a propagandare l’idea della donna “oggetto sessuale” e soggetta a tutte le violenze possibili, come i dati diffusi dallo stesso governo italiano dimostrano. La cosa incredibile della questione del velo è che nessuno pone la stessa questione alle chiese pentecostali o evangelicali italiane che impongono alle donne membri di tali chiese il velo durante le loro celebrazioni religiose.La costruzione delle moscheeAltro terreno di battaglia degli islamofobi è quello della opposizione alla costruzione delle moschee. Molto impegnati su tale fronte sono gli esponenti neonazisti di Forza Nuova. I casi più clamorosi sono quelli di Genova Cornigliano o di Bologna. A Cornigliano si è usato anche un prete ultratradizionalista per impedire la costruzione della moschea nonostante la sconfessione del Vescovo di Genova. La lega Nord ha lanciato l’idea del “maiale day”, cosa praticata già in altri luoghi, portando maiali a urinare sul terreno dove avrebbe dovuto sorgere una moschea. A Bologna, durante un’assemblea ripresa dalla TV di stato, uno degli organizzatori del no alla moschea ha definito i musulmani bestie. La questione della reciprocitàLa questione della reciprocità è quella che di solito viene sollevata per opporsi alla costruzione di una moschea. “Faremo costruire la moschea quando loro nei paesi musulmani ci faranno costruire le nostre chiese”. Poi si scopre che i paesi arabi sono pieni di chiese cristiane frequentate dai cristiani locali che spesso sono fedeli al Papa. E’ il caso dell’Iraq, della Siria, della Giordania, dell’Iran ma ciò vale per tutti i paesi musulmani. Ed è proprio nei paesi a maggioranza musulmana che esistono le più antiche chiese cristiane, come i Copti, o i Maroniti, o i Caldei. Nessuno ovviamente dice che nel Corano il profeta Muhammad ha chiesto ai propri seguaci di dialogare con cristiani ed ebrei, le cosiddette “genti del libro” con riferimento alla Bibbia.La lingua arabaPersino la lingua araba viene usata per incutere terrore nella gente. “Parlano arabo, quindi stanno tramando un attentato terroristico”, questo viene detto esplicitamente dalla destra fascista che cavalca l’islamofobia e la xenofobia. Gli Imam, sentenziano, devono tenere i loro sermoni in lingua italiana. In alcuni comuni si è persino impedito l’attivazione di corsi di arabo per i bambini delle scuole elementari di origine marocchina. E’ come se ai nostri connazionali emigrati negli Stati Uniti qualcuno avesse proibito ai genitori di insegnare la propria lingua materna ai propri figli.Altrettanto zelo gli islamofobi non lo hanno dimostrato nei confronti della stessa chiesa cattolica che ha riesumato il latino nelle sue celebrazioni liturgiche. Ma mentre la stragrande maggioranza degli italiani non capisce nulla di latino, la stragrande maggioranza dei musulmani italiani la lingua araba la comprendono e la parlano perfettamente perché è la loro madrelingua ed è del tutto normale che gli imam tengano i loro sermoni nella loro lingua madre. Sermoni poi tradotti simultaneamente per i musulmani di madrelingua italiana.Il digiuno del mese di ramadanUno degli attacchi più sconsiderati che ci è capitato di leggere è stato quello contro il digiuno del ramadan. Certo per chi è abituato all’ingordigia da cui siamo oramai sommersi, è difficile comprendere la logica del digiuno che fa anche parte della tradizione cristiana ed ebraica. Pur di screditare l’islam si è arrivati a dire che in realtà è tutto falso, tutta apparenza. Secondo i denigratori l’arrivo del Ramadan infatti, coinciderebbe “con abbuffate generali notturne, lunghe dormite di giorno e sfoghi sessuali di notte”. Neppure i bambini sono stati risparmiati per denigrare il ramadan. E’ successo come al solito a Milano dove un preside di una scuola ha rimandato a casa i ragazzi musulmani che effettuavano il ramadan con la motivazione che il digiuno del Ramadan sarebbe un «sacrificio troppo grosso per un bambino di otto anni», violando in tal modo uno dei diritti fondamentali dei genitori che è quello di dare ai propri figli l’educazione, anche religiosa, che meglio ritengono opportuno. E saltare un pranzo non ha mai fatto male a nessuno.Islam=terrorismo=delinquenza comuneL’associazione del termine islam con quello di “terrorismo” ha raggiunto oramai livelli parossistici. E non si tratta solo di come vengono per esempio date le notizie nei telegiornali o sulla carta stampata. Dagli Stati Uniti arrivano oramai da anni sui nostri schermi decine di serie televisive che hanno come soggetto la lotta al terrorismo islamico. Al Qaeda è l’organizzazione terroristica più citata in questi filmetti spazzatura: la realtà si fonde con la fantasia ed il telespettatore non sa se sta vedendo un film, quindi un’opera di fantasia, o sta partecipando direttamente alla realtà. In molti film si sono affrontati addirittura le questioni del carcere di Guantanamo, o le torture inflitte agli iracheni nelle carceri di Abu Graib. In molti film è comparso lo stesso presidente Bush che ha interpretato il ruolo di presidente degli Stati Uniti attaccato dai terroristi e salvato dagli eroici militari di turno. In tutti i casi il bene sta dalla parte dell’occidente-USA ed il male dalla parte dell’islam, tutto associato ad Al Qaeda.Nessuno dice poi che tutti i musulmani italiani arrestati con l’accusa di terrorismo, con grandi enfasi medianiche al momento del loro arresto, sono poi stati tutti assolti e scarcerati per assoluta mancanza di indizi, mettendo a nudo il vero scopo delle retate che non era quello di arrestare terroristi ma quello di terrorizzare pacifiche comunità di musulmani migranti, con alle spalle molto spesso storie di miseria infinita, la cui responsabilità ricade proprio sulle opulente società occidentali.Ed il passaggio dall’essere terroristi all’essere etichettato come delinquente comune è breve, salvo poi a scoprire che la maggioranza dei reati nel nostro paese la commettono ancora “italiani doc”, compresi gli omicidi e le violenze alle donne o le rapine in villa. Solo le carceri sono piene di migranti che, per il fatto di essere migranti, non hanno alcuna tutela e su cui è perciò facile scaricare, da parte della criminalità organizzata, la responsabilità di reati i cui beneficiari sono tutti “italiani doc”. Per concludereCi sarebbe ancora molto da scrivere sul tema dell’islamofobia. Ma ci preme concludere con una nota di speranza. Nonostante tutto quello che abbiamo descritto finora, da sei anni nel nostro paese si porta avanti l’esperienza della “giornata ecumenica del dialogo cristiano islamico”, promossa da una serie di giornali e associazioni cristiane e non, che si celebra nell’ultimo venerdì di ramadan e la cui sesta edizione si è tenuta lo scorso 5 ottobre 2007 e di cui è punto di riferimento nazionale il sito www.ildialogo.org. Un centinaio di iniziative in tutta Italia, anche quest’anno, hanno detto con chiarezza che solo con il dialogo e la pace questa nostra umanità potrà avere un futuro. Ed è questa la speranza che siamo impegnati a costruire giorno dopo giorno.

Rigrazio questo bravo giornalista e la sorella che mi ha segnalato questo articolo. Benchè nè io nè altri amiamo gridare all'islamofobia così come i neocon gridano all'invasione, nn si può negare che l'islamofobia ci sia, è dovere di tutti noi combatterla sia x noi stessi che x i nostri figli. è importante che gli altri capiscano che chi la combatte nn è un "terrorista" ma semplicemente una persona che vuole rispetto ma che anche deve darlo...come noi ci impegnamo a ripettare la legge italiana così gli italiani devono imparare a rispettare il nostro credo, è l'unica via possibile x una convivenza ormai inevitabile!

Panegiristi di Magdi?!

Ecco l'ennesimo articolo ed il relativo commento di un fratello apparsi su www.stranieriinitalia.it con cui sper di poter mettere una pietra su a questa disgustosa commedia che tuttavia suscita in me curiosità ed ilarità.


Magdi Cristiano, quel ponte che non c’è più


Chi verrà dopo di noi leggerà nei libri di storia (ahahahahah)di un piccolo uomo musulmano che entrò nel Cristianesimo il giorno di Pasqua, per mano diretta del Papa, usando le parole di fuoco di chi ha scoperto “il vero e unico Dio della Fede e della Ragione”; leggerà che sull’altare del battesimo quell’uomo abiurò un altro dio, il dio che innaffia “la radice del male insita in un islam che è fisiologicamente violento e intrinsecamente conflittuale”. ”Per me è il giorno più bello della vita” - dice Magdi Allam - nel mio piccolo è un fatto storico, eccezionale e indimenticabile”. Ma nulla è stato trascurato per rendere quel “mio piccolo” grandissimo e universale; per trasformare quel fatto così personale in un fatto-chiave della Storia del nostro tempo. Persino il nome cambiato: Magdi Cristiano Allam, come Cassius Clay che diventò Mohammed Alì, come tutti coloro che vogliono dare alla propria conversione il marchio di un’epoca che cambia. Gli accenti di sincerità di Allam sono intensi, a tratti commoventi. Ci restituiscono la grandezza della cultura cattolica, tanto spesso dimenticata o sepolta dal conformismo. Al di fuori del recinto di polemiche che la rimpiccioliscono, la religione di Allam, la “nostra” religione, è quella della “vita, della verità e della libertà”; è la religione in cui il rispetto dell’altro, “sempre e comunque persona”, fa da perno a tutta l’esistenza. Ma se usciamo dal percorso personale, che né Magdi Allam né il Pontefice hanno voluto che restasse intimo e privato, è come se il messaggio della “conversione in diretta tv” lasciasse un immenso spazio vuoto e desolato: è lo spazio dell’incontro e della fusione tra le storie più vive dei popoli, il contatto fertile fra le grandi religioni monoteiste che Papa Woityla inseguì fino all’ultimo istante della sua vita. E’ un ponte che si spezza, come quello di Mostar che nella guerra di Bosnia collegava i cattolici ai musulmani e ne rappresentava la felice convivenza, e proprio per questo fu bombardato. Un ponte che si spezza, ma anche qualcosa di più. L’idea insita nella conversione-spettacolo è che il dilemma dell’uomo del ventunesimo secolo sia di scegliere il suo Credo, oscillando fra i diversi linguaggi del Divino, errando nella tenebra fino all’incontro con la Luce. In realtà l’uomo del nostro tempo ha raramente il dono della certezza assoluta. E’ un viaggiatore smarrito, che naviga – o più spesso galleggia – nel dubbio e nella paura. Con il Magdi Cristiano Allam battezzato da Papa Benedetto XVI ha vinto la Fede, una fede forte come un albero millenario, vigorosa come la voce del Padre. Ma tanti figli di quello stesso Padre hanno una fede molto più fragile e minuscola, e hanno bisogno di una mano tesa e non di una pagella severa. Per loro non ci sono solo il grande buio e la mirabolante luce. C’è il chiaroscuro di un cammino accidentato e tutto in salita. Magari sono figli della Roma cristiana che non sanno più afferrare il senso etico della vita e la forza di credere nel futuro. Oppure sono figli di altre terre che hanno nel cuore la Palestina perduta, il deserto del Marocco o i limoni del Libano; non necessariamente sudditi della Sharìa, feroce legge umana voluta dall’uomo per sottomettere l’uomo. Magdi Allam e Joseph Ratzinger sono due grandi protagonisti della nostra epoca; nei loro diversissimi ruoli sono il segno di un Occidente che crede di nuovo in se stesso. Il giorno di Pasqua hanno celebrato la loro fede e la loro felicità. Ma oltre quel rito c’è sempre un ponte che va ricostruito, c’è la casa cristiana dove accogliere l’umanità incerta e pericolante che vive cercando il Dio che non ha.

Risposta del fratello Abdallah:

No, all'intolleranza
Signor Talamo Io sono un musulmano praticante e Le devo dire che non condivido né lo spirito né la lettera del suo articolo. Nel commentare la conversione di Magdi Allam, Lei commente alcuni errori di fondo e cade in contraddizione con i valori che vorrebbe alzare come una bandiera che porrebbe la sua fede come superiore a quella di chi non la professa, dimostrando una evidente intolleranza degna del peggior fondamentalismo. Provo ad evidenziare alcuni tratti del suo pensiero su cui dissento: 1)Lei inizia il suo scritto raccontando della conversione di Allam come di un "abiurare un altro dio" (scritto in minuscolo!). Noto solo che a nome della libertà religiosa e del rispetto della diversità, abiurare la diversità fosse un altra fede è sempre un'intolleranza rispetto a chi vive questa diversità. 2)Nel secondo capoverso, con toni trionfalisti di chi pensa di aver vinto una battaglia, Lei dice della grandezza della sua verità e erige a universalità quell'atto individuale e ancora di più come "fattore chiave della Storia" nostro tempo. 3) Lei attribuisce alla conversione di Allam un valore forse eccessiva di rivelazione della Verità! Se così è mi domando e le pongo la domanda di sapere che valore attribuisce alle migliaia di conversioni che ogni anno vedono dei cristiani abbracciare altre religioni (Islam, Ebraismo e Buddhismo). Non le viene il sospetto che forse questi atti ci raccontano solo di scelte personali? Oppure il vivere privatamente un atto così intimo non ha valore? Non penserà mica che è la copertura mediatica che dà valore di universalità? Forse pensa che Allam è portatore di una nuova rivelazione della verità universale? 4)Nel corpo centrale del suo ragionamento sulla conversione-spettacolo, lei fa un discorso molto confuso. Reclamizzi un vuoto di spazio per l'incontro, racconti di un dilemma dell'uomo rispetto alla fede come se fosse un dubbio amletico! E poi ci dici che con il Battesimo di Allam è la soluzione del dilemma dell'uomo e che "restituisce la verità sulla Fede" (con la F maiuscola!), "una fede vigorosa come la voce del Padre". Poi il giudizio sulla Sharia come "feroce legge umana per sottomere l'uomo" è una chicca di falsità ideologica e anti-islamica. Intanto perché le potrei citare diversi aspetti per cui la Sharia ha significato la liberazione dell'uomo dal medioevo in poi. Un esempio fra tutti l'accesso alla proprietà per le donne, il diritto alò divorzio sancita nel '600. 5)Mò sul dafarsi, c'è naturalmente la nuova evangelizzazione del mondo! C'è sempre un ponte di ricostruire e la casa cristiana per accogliere l'umanità! Ma non le viene il dubbio che Sia i non credenti, sia i credenti di altre religioni siano anche parte dell'Umanità. Concludo dicendo che quando ho letto questo suo articolo mi hanno ricordato molto quei capi talebani che dicono le stesse cose che hai scritto: la tua fede è quella vera, il tuo Dio è l'unico Dio, devi solo conquistare gli altri che naturalmente sono poveretti smaritti nel buio! Se questo è il lume della ragione, trionferà il fondamentalismo e la sua logica di sopraffazione che ci condurrà in una guerra permanente.

Democrazia?

Milano. Picchiata perché indossava il velo


È accaduto a una donna italiana, convertita all’Islam. L’appello del marito egiziano: “episodio inaccettabile”.

Milano – Calci e pugni a una donna italiana e convertita all’Islam da più di vent´anni.È successo, mercoledì scorso davanti alla scuola araba di via Ventura, periferia Est della città, dove la donna stava accompagnando la figlia.Secondo le testimonianze, l’aggressore avrebbe colpito la donna perché indossava il niqab, il velo islamico che copre interamente il corpo lasciando vedere solo gli occhi.A denunciare l’evento è il marito, Abdal Rhaman Ibrahim , egiziano di 55 anni:“Mia moglie – ha detto Ibrahim- è stata presa di mira senza un motivo preciso da un uomo, che pensiamo sia italiano. Un giovane di circa 35 anni. In maniera brusca l’ha raggiunta e l’ha picchiata prima sul viso, poi l’ha fatta cadere a terra con un calcio, e ha continuato a insultarla. Colpiva e gridava "Sei fuorilegge!, Sei fuorilegge!" solo perché mia moglie indossava il velo islamico”. Secondo l’uomo, padre di due figlie di 20 e 12 anni, alla scena avrebbero assistito molte persone: “C’erano i genitori di altri bambini, diverse persone del quartiere, anche una vigilessa che ha aiutato mia moglie a rialzarsi”.La donna è stata immediatamente trasferita al San Raffaele per medicare le contusioni riportate.

L'appello del marito Il marito ha lanciato un appello a tutte le persone presenti in via Ventura al momento dell’aggressione, in modo da rintracciare l'uomo che ha colpito la moglie.“Lei non è riuscita a vedere bene l’uomo perché è fuggito velocemente e ha fatto perdere le sue tracce – ha detto Ibrahim - Crediamo però che si tratti di un italiano. Abbiamo denunciato mercoledì stesso l’accaduto alla polizia, al commissariato di piazza Udine. Non abbiamo saputo ancora nulla, ma spero che si riesca a individuare quell’uomo. Da quel giorno lei non esce di casa. Ha paura di essere nuovamente presa di mira. È sotto choc”.Ibrahim vuole evitare che quanto successo possa passare sotto silenzio:“È un episodio inaccettabile. – ha concluso - Mi chiedo solo cosa sarebbe successo a ruoli invertiti: se un uomo arabo avesse aggredito una donna italiana. Quale sarebbe stata la reazione delle autorità? Vorrei che qualcuno si interessasse del mio problema. Ho bisogno del vostro ascolto”.

(da www.stranieriintalia.it)

venerdì 28 marzo 2008

Fitna...olandese??

E finalmente dopo tanto parlare ci siamo:


Amsterdam - "Nel 1945 il nazismo è stato sconfitto in Europa. Nel 1989 il comunismo è stato sconfitto in Europa. Ora deve essere sconfitta l’ideologia islamica. Difendi la nostra libertà. Ferma l’islamizzazione". Queste frasi chiudono il filmato di poco meno di 17 minuti di Geert Wilders, intitolato "Fitna". A dispetto degli appelli dei responsabili olandesi, timorosi di una crisi internazionale paragonabile a quella scatenata dalla diffusione delle caricature danesi di Maometto, il deputato dell’estrema destra olandese ha diffuso giovedì sera via internet il controverso cortometraggio dal titolo "Fitna" (che in arabo significa "divisione e discordia in seno all’Islam") nel quale si dipingono il Corano e la religione islamica come nemici della libertà.
Il cortometraggio anti-islam In una dichiarazione in tv, il primo ministro olandese Jan Peter Balkenende si è fermamente dissociato da questa iniziativa. "Il film associa Islam e violenza, noi respingiamo questa interpretazione", ha dichiarato il premier in tono solenne, parlando in olandese e ripetendo poi in inglese. "Noi siamo rammaricati che Wilders abbia diffuso questo film", ha proseguito Balkenende. "Pensiamo che suo unico scopo sia stato quello di offendere. Ma sentirsi offeso non deve mai essere un pretesto per aggredire o minacciare". La visione di "Fitna", pubblicato in due versioni, inglese e olandese, sul sito LiveLeak.com registrato nel Regno Unito, dura circa un quarto d’ora ed è preceduta da un’avvertenza: attenzione, immagini scioccanti. Si passa infatti dai terribili fotogrammi sulla strage delle Torri Gemelle a quelle dell’attentato di Madrid alla stazione di Atocha.

L'intervista "incriminata" Nel collage di scene realizzato da Wilders - 44 anni, fondatore e capo del Partito della libertà, che conta 9 deputati sui 150 del parlamento olandese - c’è anche l’inquietante intervista alla figlia di una donna kamikaze, che mostra una bimba in tenera età già indottrinate e pronta al sacrificio, come la madre morta in un attentato suicida. Compare anche la famosa vignetta di Maometto col turbante-bomba, pubblicata due anni fa su un quotidiano danese e foriera di violentissime proteste in alcuni Paesi arabi: è la sequenza finale del film, con l’immagine del Profeta che sfuma e in sottofondo il fragore di un tuono. Poi un Corano e, mentre le immagini si dissolvono per l’ultima volta, il rumore di una pagina strappata. Una voce spiega che non è una pagina del testo sacro, ma dell’elenco telefonico: non spetta a me ma ai musulmani strappare le pagine che fomentano l’odio, si legge nella scritta che chiude il cortometraggio.

Polemiche e stato di allerta L’allerta, nei Paesi Bassi e non solo, è al massimo livello, anche perch‚ nelle scorse settimane l’annuncio della pubblicazione del film aveva già provocato non solo proteste, ma era stato seguito da vere e proprie minacce contro le autorità olandesi. Alcuni Paesi musulmani, tra cui l’Iran, hanno minacciato ritorsioni a partire da un boicottaggio economico, tanto che Balkenende aveva sollevato il problema all’ultimo vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue, parlando dell’esistenza di "segnali di pericolo" in vista dell’annunciata pubblicazione del film. Giovedì sera Balkenende ha assicurato che l’Olanda "tratterà con fermezza di chiunque violi la legge".

L'Onu: "Incoraggia la violenza" Il segretario dell’Onu Ban Ki Moon ha condannato il filmato anti-islam del deputato olandese di estrema. Secondo il segretario generale, "non c’è giustificazione per un linguaggio che promuove l’odio o per chi incoraggia la violenza, e in questo caso, non stiamo discutendo di diritto di libertà di espressione". Sulla stessa linea anche la presidenza slovena dell’Unione europea che accusa il film di "fomentare l’odio". In una dichiarazione a Bruxelles, la presidenza di turno Ue afferma di «sostenere pienamente il documento del governo olandese sulla diffusione on line del film Fitna". "L’Unione europea e i suoi stati membri - si legge nel comunicato - applicano il principio della libertà di espressione, che fa parte dei nostri valori e delle nostre tradizioni. Tuttavia, essa dovrebbe essere esercitata in uno spirito di rispetto per la religione e ogni altro credo o convinzione. Tolleranza e rispetto reciproco sono valori universali che dovremmo sostenere. Riteniamo che azioni come questo film servano soltanto allo scopo di fomentare l’odio".
(da Il Giornale.it)

La parola fitna vuol dire letteralmente "scissione, conflitto" ed è generalmente usata nell'islam per indicare la frammentazione della comunità islamica causata dalla perdita del senso comunitario, ed in particolare designa lo scisma tra sciiti e sunniti. Nel linguaggio dei mistici indica gli elementi che fanno tornare l'asceta al mondo terreno o ne ostacolano l'ascesi...non vedo x cui nessun legame logico col film. Evidentemente l'autore del cortometraggio si rifà non tanto alla definizione originale ma a quella recentemente proposta da Gilles Kepel che "non è soltanto per lo studioso francese quella che coinvolge al suo interno il mondo islamico (tutt'altro che monolitico e indifferenziato) ma assai più quella che contrappone con una crescente scia di violenza e di oltranzismo intollerante i due sistemi-mondo, occidentale e islamico, con l'Occidente visto dai musulmani come complice dei regimi autoritari e dittatoriali che li angariano quasi dovunque e che sono in grado di sopravvivere solo per il sostegno occidentale, pago di vedersi garantire il rifornimento di materie prime (essenzialmente petrolifere, ma non solo) e il sostegno alla sua politica internazionale."

Forse nella sua ignoranza non sbaglia a leggerla così: la "fitna" che lui intende è quella nata solo di recente, da quando appunto il mondo islamico ha dovuto subire colonizzazioni ed umiliazioni di ogni genere da un Occidente "superiore"...prima di allora mai mi pare ci siano stati screzi tra cristiani e musulmani a livello religioso,semmai solo politico. Sicuramente però non era questo il senso che egli voleva dare alla parola.

Ed è anche vero che la ummah oggi è indebolita dalla fitna nel senso originario: e la maggior parte della fitna la causano proprio coloro che sn ritratti nel cortometraggio! Per cui indirettamente ci ha fatto un piacere a denunciarli, fallendo nel suo scopo ancora una volta!

Ho visto il film e mi sono tranquillizata: mi aspettavo chissà quale sconcertante teoria sul Corano e mi sono ritrovata dinanzi a delle immagini viste e riviste ed a teorie neocon trite e ritrite(le stesse che in Italia propugnano la Lega o la Destra x intenderci: fermare la colonizzazione islamica dell'Europa, difendere la nostra libertà...)...veramente non merita tutta questa pubblicità!!

Che Dio ci salvi e ci guidi!!!

Conversioni e politica

Dal blog di Sherif:


La Pasqua politica
di Furio Colombo, L'Unità

Il giorno di Pasqua del 2008 resterà memorabile per una svolta della Chiesa cattolica sotto la guida di Papa Ratzinger. Una terminologia politica sarebbe forse più adatta di quella religiosa per definire la svolta di cui stiamo parlando. (...) Si sa che Joseph Ratzinger è uomo attento ai dettagli e - da buon docente di teologia - meticoloso nelle definizioni. Se Israele non viene nominato vuol dire che non esiste, secondo le regole vigorose di una tradizione di insegnamento che - ormai lo abbiamo imparato - calcola e soppesa ogni frammento di evento e di parola. Ma le decisioni politiche espresse in modo chiaro, addirittura drammatico, nel giorno della Pasqua cristiana non si fermano qui. Accade che un notissimo giornalista e scrittore di origine egiziana e di religione islamica, Magdi Allam, abbia deciso di convertirsi, di diventare cattolico. A tanti secoli di distanza dai tempi in cui la conversione di un imperatore doveva essere solenne e pubblica perché significava la conversione di un intero popolo, chiunque avrebbe pensato che la luce della fede secondo il Vangelo avrebbe raggiunto uno scrittore-giornalista nell’intimo della sua vita privata. Invece è accaduto qualcosa di sorprendente e di stravagante: Magdi Allam si è convertito in mondovisione. Il suo battesimo è stato somministrato personalmente dal Papa.

Il Papa - lo abbiamo detto e lo ricordiamo - è allo stesso tempo il capo di una grande religione e di un piccolo potentissimo Stato. Le conseguenze di ogni gesto, in entrambi i ruoli, hanno, come tutti sanno, un peso molto grande. E’ un peso che cade due volte sulla delicata e instabile condizione internazionale. In un primo senso una delle tre grandi religioni monoteiste celebra se stessa come la sola unica e vera, e presenta Magdi Allam come qualcuno che ha visto la luce e si è elevato molto al di sopra della sua condizione (“di religione islamica”) precedente. In un secondo senso una implicita ma evidente dichiarazione di superiorità è stata resa pubblica, solennemente, in un modo che non ha niente a che fare con l’intima avventura di una conversione. Lo ha fatto personalmente il capo della Chiesa cattolica dedicandola a tutti i Paesi consegnati allo stato di inferiorità detto “islamismo”. Per evitare incertezze su questa interpretazione, la clamorosa pubblicità del gesto diffuso in mondovisione è diventato il messaggio: Allam è salvo perché non è più islamico. E’ finalmente ospite della grande religione che è il cuore della civiltà occidentale.

Da parte sua Magdi Allam ha voluto offrire un commento chiarificatore. Ha spiegato che l’islamismo - moderato o estremista che sia - ha al suo centro il nodo oscuro della violenza. Ha sanzionato l’idea di una religione inferiore e di una superiore. Comprensibile, anche se insolita per eccesso, l’illuminazione che Magdi Allam ha voluto dare al suo gesto per ragioni personali. Un giornalista, già noto, battezzato personalmente dal Papa in mondovisione lascia certo una traccia. Ma provate ad accostare il gesto di governo religioso di Papa Ratzinger, che accoglie personalmente un personaggio in fuga dall’inferno islamico e lo congiunge al rifiuto di nominare, nel corso di un altro evento altamente simbolico (la benedizione Urbi et Orbi), il nome di Israele, un Paese la cui sopravvivenza è in pericolo. Senza dubbio si tratta di due eventi diversi, opposti e straordinari. Ma i due gesti si equivalgono, quasi si rispecchiano per un tratto in comune. Una delle tre grandi religioni monoteiste sceglie, al livello della sua massima rappresentanza, di essere conflittuale verso le altre. Alla patria degli ebrei e alla sensibilità religiosa degli islamici non viene dedicata alcuna attenzione. Non è strano?

Forse no, visto alcuni precedenti di papa Ratzinger. Uno è il discorso di Bratislava, che ha creato, come si ricorderà, una lunga situazione di imbarazzo. Un altro è l’esitazione e il ritardo, e di nuovo l’esitazione, nel porre il Tibet e la sua libertà, prima di tutto religiosa, al centro dell’attenzione. E poi ci sono precedenti omissioni o disattenzioni di Joseph Ratzinger nei confronti di Israele, che hanno richiesto correzioni e provocato fasi di gelo che non si ricordano sotto la guida dei suoi predecessori. Questo è il caso di un Papa-governante che è noto per essere un minuzioso tessitore della propria politica e che - a quanto si dice - non ricade mai nei giochi “di curia” o comunque nei giochi di altri. Dunque è inevitabile la domanda. Mentre tace su Israele e battezza con la massima risonanza mondiale qualcuno che ha abiurato l’islamismo, mentre, intanto si tiene prudentemente alla larga dal Tibet, dove sta andando il Papa, dove sta portando la Chiesa di cui è governante e docente?

giovedì 27 marzo 2008

Persepolis

Ultimamente sta facendo molta notizia il film Persepolis, tratto dall'ononimo fumetto dell'iraniana Marjane Satrapi. Avevo precedentemente letto il fumetto e mi era piaciuto sia per la carica espressiva che per l'umorismo e la sincerità dell'autrice che tutto lo pervade...attendo di vederne la trasposizione cinematografica!

Ecco il trailer:



Oggi leggevo che Hezbollah lo ha bandito:

Il film 'Persepolis' censurato in Libano ma le copie sono in vendita a Beirut

Il leader di Hezbollah, Nassrallah
Piu' lealista del re, Hezbollah e' riuscito a far vietare in Libano la proiezione di 'Persepolis', il cartone animato che ha irritato Teheran per lo spietato ritratto che offre della rivoluzione islamica.
Secondo fonti libanesi, il capo dei servizi segreti iraniani non ha gradito che nel lungometraggio l'Iran all'epoca dello Scia' appaia migliore di quello che e' oggi. "E' chiaro che il generale Wafiq Jizzini, che e' vicino a Hezbollah, non vuole che venga proiettato" ha detto la fonte. La decisione e' stata duramente criticata in molti ambienti che la considerano l'ennesimo segno di asservimento al governo di Teheran. Secondo il ministro della Cultura, Tareq Mitri, non c'e' ragione per cui il film sia vietato e per questo ha sollecitato il collega dell'Interno a revocare il provvedimento. Bassam Eid, manager della Circuit Empire, distributrice del cartone animato, ha definito il divieto "ridicolo e ingiustificato". "E lo e' ancora di piu'" ha aggiunto, "se si considera che il film si puo' comprare per meno di due euro nel quartiere meridionale di Beirut roccaforte proprio di Hezbollah: io stesso ne ho acquistato uno li' e un altro nel campo profughi palestinese di Sabra e Shatila per portarlo al ministro della Cultura" Il leader druso Walid Jumblatt, elemento di spicco della coalizione antisiriana, ha espresso tutto il proprio stupore per quello che ha definito "un passo falso: permettere ai servizi di sicurezza di valutare i prodotti dell'arte e della cultura". Un successo sia negli Stati Uniti che in Francia, 'Persepolis' racconta l'infanzia dell'autrice di fumetti Marjane Satrapi nell'Iran degli anni '80 e si e' gia' attirato le ire del governo di Mahmoud Ahmadinejad che lo ha definito "islamofobo e anti-iraniano".
(Corriere della Sera, 27/03/08)

Ascoltando un'intervista all'autrice, si apprende che la sua intenzione non era fare un fumetto islamofobo o anti-iraniano ma anzi pro-iran ,nella misura in cui si vuole mostrare che "anche gli iraniani sono esseri umani con sentimenti esogni e che nn vadano quindi ricondotti ad un'orientalistico e mediatic stereotipo foriero di intolleranza e di guerra: prima di bombardare l'Iran si rifletterà sul fatto che anche là ci sono esseri umani come noi".


E non si può essere che d'accordo su questo punto. Tuttavia, benchè l'iraniano medio non sprizzi religiosità da tutti i pori, non si può dire che tutti gli iraniani siano come Marjane. Proveniente da una famiglia ricca ed occidentalizzata, la brava fumettista iraniana si fa spesso gioco del velo e di altri simboli islamici...anche se probabilmente per lei non sono più che simboli dell'oppressione politica dovrebbe considerare che invece per altri sono simboli di autentica devozione. Inoltre non credo che tutti si riconoscano nel modello e nell'idea che le vuole dare dell'Iran...non è che quel voler dire "non attaccateci, siamo come voi" non esuli la sfera umana e significhi "non attaccateci, siamo come voi...come voi odiamo il velo e sognamo la vostra libertà?"...perchè questo è quanto si evince dal fumetto, se letto nella chiave che l'autrice propone. Non sono d'accordo con chi propone di censurarlo poichè alla fine è una bella e simpatica opera artistica(anse se pare che in Italia sia stato auto-censurato dai gusti del pubblico: pochi cinema lo hanno proiettato!), e perchè spesso la censura stimola la curiosità anche di un pubblico prima disinteressato,ma neppure lo caricherei di una missione umanitaria come si propone di fare la Satrapi...è stato concepito come una personale autobiografia e così dovrebbe essere considerato.

martedì 25 marzo 2008

Riflessioni mistiche

L’unica cosa di cui deve preoccuparsi colui che desidera Dio (murid)
è soddisfare i diritti del suo Signore (huqùq ar-Rubùbiyya)

«Scrutare i difetti nascosti in te vale meglio che scrutare i misteri (divini) velati a te»
(Hikam-Saggezze 29 - di ’Ibn ‘Ata Allâh)
Bismillàhi ar-Rahmàni ar-Rahìm
In nome di Dio il Misericordioso il Clementissimo
wa-ssalàtu wa-ssalàmu 'alà Saiyydinà Muhammad wa 'alà 'alihi wa sahbihi wa sallim taslima

un saluto di pace a tutti coloro che leggono
Una 'attenzione' che viene insegnata dai Maestri Spirituali del Tasawwuf (Sufismo) ai propri discepoli affinché essi si sforzino di svilupparla nel loro lavoro di perfezionamento spirituale è quella di lavorare sulla propria nafs (l’ego, l’ insieme delle tendenze individuali negative ed egocentriche).

Riportiamo a tal proposito una ‘Saggezza’ del Sufi Ibn ‘Atà Allàh, commentata da Sidi Ahmad Ibn ‘Ajiba, che Allàh sia soddisfatto di loro, contenente delle riflessioni sui difetti e le insufficienze dell’essere individuale umano (e della sua nafs). Ci auguriamo che questi spunti ci possano essere di aiuto per il nostro cammino spirituale verso Dio (Tariqa Allàh), a Dio piacendo (incha Allàh).
Al hamdu li-Làhi Rabbi ‘alamin
la Lode spetta ad Allàh il Signore dei Mondi
pace a chi segue la retta Guida

* * *«Scrutare i difetti nascosti in te vale meglio che scrutare i misteri (divini) velati a te»
«Tashawwufuka ilá mâ bátana fika
min al-'uyûb kháirun min tashawwufika ilá mâ hujiba 'anka min al-ghuyûb»
di ’Ibn ‘Ata Allâh
[ Hikam (Saggezze) 29 ]
Commento di Sidi Ahmad Ibn ‘Ajiba
Attenzione o aspettativa è l’interesse per qualcosa, un insistente impegno col quale uno vuole avere qualcosa di difficile da ottenere in principio.Il tuo interesse nello scoprire i difetti che sono nascosti in te, come l’invidia, l’arroganza, l’amore per la gloria o il potere, la preoccupazione ossessiva per la sussistenza, il timore della povertà, l’ansia di notorietà, ed altre insufficienze, il tuo interesse per scoprire questi difetti ed analizzarli, il tuo sforzo per liberarti di loro, è molto meglio che l’interesse che provi per i segreti dell’esistenza chiamati “ghawàmid at-Tawhìd” o “vaghezze dell’Unità”, poiché a questo universo unitario uno non può approssimarsi senza essersene fatto meritevole ed essere assistito dalla propria “abilità” che lo rende capace di assimilare correttamente questi saperi [conoscenze] sottili e difficili.Il tuo interessarti ai tuoi difetti nascosti torna a rivitalizzare il cuore e ti assicura un rango elevato vicino ad Allàh ed un piacere permanente, mentre, a tale livello (di imperfezione), il tuo interesse per i segreti del Tawhìd (Unità Divina) non è più che una curiosità, un interesse che potrebbe anche provocare la rovina del tuo universo interiore orientandoti verso l’arroganza anziché renderti umile, facendoti credere diverso dagli altri. Devi sapere che i difetti o le insufficienze sono di tre tipi:Per primo vi sono i difetti dell’ego In secondo luogo i difetti del cuore ed infine i difetti dello spiritoI difetti dell’ego nascono dalla dipendenza dalle inclinazioni del corpo, come l’affanno ossessivo per procurarsi cibo buono ed abbondante, bevande, vestiti, cavalcature, case, soddisfazioni sessuali ed altro simile. Tale ossessive dipendenze rendono schiavo l’essere umano, impedendogli di pensare ad altro, occupando tutto il suo tempo e frustrando i suoi sforzi . I difetti del cuore nascono dalla dipendenza dagli “appetiti del cuore” (ash-shahwàt al-qalbìa), come l’amore per la gloria, il potere, la fama, l’arroganza, l’invidia, il rancore, ecc..., i quali producono soddisfazioni che compiacciono il cuore e non il corpo.I difetti dello spirito sono quelli relativi alle deviazioni che accompagnano gli avvenimenti interiori, come la ricerca delle karàmàt (miracoli, carismi), preoccuparsi del rango posseduto di fronte ad Allàh, con l’ansia di ottenere un maqàm (stazione spirituale) più elevato, deviare il desiderio verso i piaceri e le Hùrì del Paradiso, ecc...Tutti questi appetiti distruggono la possibilità di realizzare se stessi in ciò che è essenziale, che è l’assoluta dipendenza ed assoggettamento ad Allàh (‘Ubùdiyya) [servitù pura, totale]. Questa e’ l’unica ragione che deve muovere l’aspirante, colui che desidera Dio (murìd).L’unica cosa di cui deve preoccuparsi colui che desidera Dio è soddisfare i diritti del suo Signore (huquq ar-rubùbiyya). Impegnarsi nel correggere i propri difetti, che lo allontanano da questa realizzazione, scoprire gli interessi che lo distolgono da Allàh, come le proprie insufficienze al livello dell’ego, del cuore e dello spirito, e purificarsi al fine di servire sinceramente il proprio Signore, tutto ciò è molto meglio per lui che le Scienze nascoste (‘ilm al-ghuyùb) rappresentate dai segreti dell’Unicità dell’Esistenza (Tawhìd al-wujùd).Questo processo si chiama Takhallì che significa spogliazione, svuotamento, [allontanamento da tutto ciò che distoglie da Dio]. Solo una volta completamente nudo davanti al suo Signore [il murid] può incominciare a rivestirsi delle nobili qualità che sono gli opposti dei difetti precedentemente menzionati.

PS - In un altra Saggezza sempre Ibn Atà Allàh dice:
«Realizza i tuoi attributi: Egli (Dio) ti soccorrerà con i Suoi.Realizza in te l'umiltà: Egli ti soccorrerà con la Sua grandezza.Realizza in te l'incapacità: Egli ti soccorrerà con il Suo potere.Realizza in te la debolezza: Egli ti soccorrerà con la Sua forza e potenza»
(Ibn Atà Allàh- Hikam 165)

(da Islam-online.it)

Welcuum!

Salve a tutti,
ho deciso di aprire o meglio di ri-aprire questo blog benchè abbia un My Space molto carino....credo sia xkè quello lo conoscono tutti i miei amici reali diciamo, e forse qui mi sentirò più libera di esprimere la mia identità...vecchia e nuova! Inoltre posterò sia in inglese che in arabo, per fare giustizia al mio titolo (il 9 Aprile diventerò dottoressa in Lingue eheh) sia x consentire a tutti i miei amici virtuali di accedervi. Dettò ciò, spero che il blog sia di vostro gradimento...sarà una sorta di diario personale ove si tratteranno temi più o meno scomodi (sono una convertita all'islam..) ma sempre di attualità ed interesse, ed inoltre il tutto sarà farcito da me, dalle mie foto, dalla mia vita. Benvenuti nelle pagine del mio diario!