martedì 6 gennaio 2009

Eccidio sionista

Gaza - Infopal. Una famiglia intera massacrata, fatta a pezzi: 70 persone uccise a sangue freddo dall’esercito di occupazione israeliano nel quartiere di az-Zaitun. E' successo, ieri, domenica, ma l'eccidio è stato scoperto solo oggi, lunedì.

Naeb as-Sammuni di 25 anni, sopravvissuto, ha raccontato: "Le forze di occupazione israeliane, penetrate a est del quartiere az-Zaitun, hanno radunato decine di membri della mia famiglia in una sola casa di 180 metri quadrati, poi l’hanno bombardata per dieci minuti".

Il cittadino, che ha visto sterminare tutta la famiglia, ha aggiunto: "Dopo averli bersagliati di bombe, la casa si è trasformata in un lago di sangue. C'è chi è morto subito, chi è rimasto ferito ed è morto dissanguato".

As-Sammuni ha spiegato che le forze di occupazione sioniste hanno impedito l’arrivo delle ambulanze per soccorrere i membri della famiglia massacrata, nonostante gli appelli della Croce Rossa: molti sono rimasti a sanguinare per 24 ore e solamente questa mattina sono sopraggiunti i soccorsi.

Nell'eccidio, ha raccontato Naeb, sono morte sua moglie Hanan, sua figlia Huda, sua madre Rizqa, e la maggior parte dei suoi fratelli e dei suoi cugini.

Il dott. Haitham Dababesh, che era tra i soccorritori dell’ospedale ash-Shifa di Gaza, ha dichiarato che da ieri sera, cioè dal momento del bombardamento della famiglia as-Sammuni, "abbiamo coordinato i soccorsi con la Croce Rossa, ma non siamo risusciti a raggiungerli fino a questa mattina".

I soccorritori, al loro arrivo, hanno trovato una situazione terribile: un vero massacro, molte vittime. Il dott. Dababeh ha aggiunto che la sala di attesa dell’ospedale ash-Shifa, il più grande di Gaza, non riusciva a contenerle tutte.

Nel quartiere az-Zaitun si temono altri massacri: quell'area è nel mirino del fuoco israeliano sia da terra sia dal cielo. Gli abitanti temono per la loro vita e non riescono ad abbandonare le loro case minacciate di uccisione di massa.

(da infopal.it)

Le mucche terroriste...

GAZA - Per Fares Akram, reporter dell´Independent da Gaza, l´invasione israeliana si è trasformata in una tragedia personale quando ha scoperto che suo padre era tra le prime vittime dell´attacco da terra.

La telefonata è arrivata attorno alle 16.20 di sabato. Una bomba era stata sganciata sulla casa nella nostra piccola fattoria ubicata nella parte settentrionale di Gaza. Mio padre in quel momento preciso stava recandosi a piedi dal cancello alla porta di ingresso. Quello era il nostro luogo più amato: era una piccola casa di campagna, bianca, a due piani, con un tetto rosso, annidata in una piatta distesa agricola a nord-ovest di Beit Lahiya. C'erano alberi di limoni, di arance e di albicocche e da poco avevamo comperato una sessantina di mucche. La nostra era la fattoria più vicina al confine settentrionale con Israele.

Poco prima del tramonto, sabato scorso, mentre le truppe di terra israeliane e i tank invadevano Gaza, la pace di quel luogo è andata in pezzi e la vita di mio padre si è spenta a 48 anni. Caccia ed elicotteri vi hanno fatto incursione, bombardando per spianare la strada ai tank e alle truppe di terra che sarebbero seguite una volta calate le tenebre.

È stata una bomba scagliata da un F16 a togliere la vita a mio padre. La casa è stata ridotta a poco più di un ammasso di polvere e di mio padre non è rimasto granché da recuperare. Mia madre, mia sorella, mia moglie � incinta di nove mesi � e io abbiamo trascorso l'ultima settimana dell'attacco israeliano rinchiusi nel nostro appartamento di città. Mio padre, invece, aveva deciso di restare alla fattoria.

L'ultima volta che l'ho visto è stata giovedì, quando ci ha portato dei soldi e un sacco di farina: abbiamo parlato dell'imminente nascita del mio primo figlio e di come avremmo potuto portare mia moglie Alaa all'ospedale, in mezzo alle bombe. Naturalmente, sabato sera non c'è stata possibilità alcuna di mandare un'ambulanza alla fattoria. Così mio zio e mio fratello hanno percorso in automobile otto chilometri mentre noi siamo rimasti seduti immobili, in stato di shock, nell'appartamento buio.

Quando mio zio e mio fratello sono arrivati a destinazione hanno trovato un ammasso di macerie fumanti. Quasi tutte le mucche erano morte. Mahmoud, un adolescente nostro parente, si trovava con mio padre quando la bomba israeliana ha abbattuto la nostra casa. La potenza dell'esplosione lo ha scagliato a trecento metri di distanza. Ieri mattina abbiamo seppellito lui e mio padre con una cerimonia funebre molto veloce.

Mio padre, Akrem al-Ghoul non era un militante. Detestava quello che Hamas stava facendo al sistema legale di Gaza, introducendo la giustizia islamista, ed era assolutamente contrario alla violenza. Si sarebbe adoperato in ogni modo possibile per raggiungere una giusta intesa con Israele e per assicurare un futuro migliore ai palestinesi. Il mio dolore non è appesantito da un desiderio di vendetta, che so essere sempre e in ogni caso vana.

Ma in verità, essendo io un figlio in lutto che piange il proprio padre, mi risulta difficile distinguere tra quelli che gli israeliani chiamano terroristi e i piloti israeliani e gli equipaggi dei carri armati che hanno invaso Gaza. Che differenza c'è tra il pilota dell'aereo che ha disintegrato mio padre e il militante che spara un piccolo razzo? Non so rispondere a questa domanda, ma nel momento in cui sto per diventarlo io stesso, ho perduto mio padre.

(da Repubblica.it)